Il film Smashing Time (1967)

Smashing Time (1967)

Una commedia sulla Swinging London ritrae la scena mod di metà anni ’60, influenzata dalla psichedelia e dalla cultura hippie.

Film sulla Swinging London: Smashing Time (1967)

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Smashing Time e i Swinging Sixties films

La pellicola Smashing Time (1967), della durata di 96 minuti, diretta da Desmond Davis, fu prodotta nel Regno Unito e quindi distribuita dalla Paramount, che intendeva cavalcare il successo dei Swinging Sixties films, il cui esempio più noto è probabilmente Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni.

Il film, nonostante alcuni limiti, suscita un certo interesse poiché da un lato prende di mira l’ottimismo e le illusioni generate dal boom economico degli anni ’60, e dall’altro documenta una fase particolare della sottocultura modernista.

Infatti, a partire dal ’64 – dopo gli scontri, passati all’onore delle cronache, tra mod e rocker – la scena si divide gradualmente in due filoni principali: uno di questi – denominato retrospettivamente hard mod – enfatizzerà in maniera sempre più evidente la propria identità working class, fino a sfociare nella sottocultura skinhead, mentre l’altra ala dei modernisti – ritratta, per l’appunto, da Smashing Time – cavalcherà e alimenterà lo spirito dei Swinging Sixties, assorbendo influenze culturali inaspettate.

Rita Tushingham

Trama del film

Due ragazze dell’Inghilterra del Nord – Brenda (Rita Tushingham) e Yvonne (Lynn Redgrave) – si trasferiscono nella Swinging London in cerca di successo. Pur prestandosi anche a lavori umili, le due frequentano assiduamente Carnaby Street e i locali alla moda, nella speranza di essere notate.

Dopo qualche disavventura, Brenda e Yvonne si affermano rispettivamente nei campi della moda e della musica pop, ma si rendono conto abbastanza in fretta di come il successo non sia esattamente come lo immaginavano.

Lynn Redgrave

Considerazioni su Smashing Time

Satira arguta e divertente – ma secondo alcuni un po’ tardiva – della Londra dei Swinging Sixties, il lungometraggio di Desmond Davis andò malissimo al botteghino – gli incassi non coprirono neanche la metà dei costi – ma divenne in seguito un film di culto abbastanza influente.

Per dirne una, non sono in pochi a pensare che la serie cinematografica di Austin Powers sia fortemente debitrice nei confronti della pellicola. Ad avallare l’ipotesi c’è il fatto che, in questa saga, il ruolo di Basil Exposition viene interpretato da Michael York, che esordì proprio in Smashing Time nella parte del fotografo Tom Wabe.

Smashing Time (1967)

Per quanto attiene agli aspetti sottoculturali del film, va detto che l’unico richiamo esplicito ai mod si trova nella tagline “Two girls go stark mod!” (traducibile grossomodo come “Due ragazze diventano mod alla grande”), ma abbigliamento, acconciature e musica – in buona parte freakbeat e rock psichedelico – si rifanno palesemente al modernismo nella variante influenzata dal movimento hippie.

Anche gli attori e le comparse che esibiscono uno stile mod più tradizionale e tagli di capelli classici, indossano almeno un accessorio – ad esempio la cravatta – in linea con le nuove tendenze.

Smashing Time (1967): l'influenza hippie e psichedelica sui mod

L’attendibilità di Smashing Time come rappresentazione della Londra di quegli anni è dovuta principalmente al fatto che la sceneggiatura fu firmata da George Melly, che frequentava la Swinging London e poteva parlarne con competenza.

Melly – originario di Liverpool ma residente a Londra sin da ragazzo – era un cantante blues e jazz, nonché un critico televisivo e cinematografico, e fu inoltre autore di numerosi saggi, tra i quali va citato – per l’attinenza con Smashing Time – almeno Revolt into Style: the Pop Arts in Britain (1970).

Tornando all’estetica del fim, si nota come sia stata curata scrupolosamente anche la scelta dell’oggettistica, delle opere pop art e degli arredi, che sono ovviamente quelli coloratissimi e spesso pacchiani di quello scorcio degli anni ’60.

Smashing Time (1967): pop art, arredi e oggettistica in stile Sixties

La maggior parte delle canzoni che compongono la colonna sonora – pubblicata in formato LP nel ’67 e mai più ristampata – sono interpretate dalle stesse attrici, mentre gli autori delle musiche sono il compositore di colonne sonore John Addison e il gruppo rock psichedelico Skip Bifferty, che includeva futuri componenti di Ian Dury and the Blockheads.

The Snarks, ovvero i Tomorrow

Nel film compare, sotto il nome fittizio The Snarks, la band psichedelica Tomorrow – precedentemente nota come The In Crowd – che poté così consolarsi dopo l’esclusione dal film Blow-Up. I componenti della formazione recitano piccole parti oppure figurano come comparse in diverse scene.

Sono inoltre presenti richiami, più o meno evidenti, a band idolatrate dai mod come The Kinks, così come a musicisti blues come Joe Tex.

Nonostante qualche difetto – alcune scene sono un po’ noiose, e la trama non brilla certo per originalità – Smashing Time è nel complesso un lavoro piuttosto godibile, anche per via del suo valore documentario.

Il film, inoltre, è interessante pure per altri motivi: è stato infatti notato come la pellicola faccia risaltare la divisione in classi della Londra degli anni ’60, argomento che Melly riprenderà ed approfondirà nel già citato Revolt into Style.

Smashing Time (1967)

La critica cinematografica Kat Ellinger ha sottolineato la provenienza working class di diversi personaggi, e ha inoltre evidenziato la relazione tra Smashing Time e il filone dei female buddy films.

Piuttosto evidente è pure il biasimo nei confronti dei mass media: viene presa di mira, in particolare, l’influenza esercitata da stampa e televisione sulla società.

Spingendosi più in là, si potrebbe affermare che, secondo i realizzatori di Smashing Time, il concetto stesso di Swinging Sixties non sia stato altro che un imbroglio.

Smashing Time non è certo un film per tutti, ma va senz’altro consigliato agli appassionati degli anni ’60 e, in particolare, della psichedelia e di certi sviluppi della sottocultura mod.

Mod e psichedelia in Smashing Time (1967): gli Snark, ovvero i Tomorrow

Come vedere Smashing Time

Il film è facilmente reperibile sul mercato home video in lingua inglese, ed è inoltre visionabile per intero su YouTube, purtroppo senza sottotitoli.

Ben più difficile da rintracciare è l’edizione italiana – intitolata, ahinoi, Ci divertiamo da matti – che potrebbe addirittura non essere mai stata rilasciata al grande pubblico.

D’altro canto, immaginiamo che vogliate guardare Smashing Time senza perdervi i forti accenti regionali che caratterizzano la recitazione di quasi tutti gli attori, e che costituiscono parte integrante del film.

La Swinging London: Carnaby Street

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Questo articolo è stato pubblicato il 4 giugno 2019 e aggiornato il 12 settembre 2023.

 

Garageland #3 è disponibile!

Fotografia di Gavin Watson

Il terzo numero della rivista di Crombie Media e Red Star Press – Hellnation Libri è finalmente disponibile!

Garageland # 3 - Gavin Watson

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Finalmente disponibile il terzo numero di Garageland – Suoni, visioni, sottoculture, il magazine cartaceo di Crombie Media e Red Star Press – Hellnation Libri!

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Contenuti

  • Educazione skinhead di Mattia Dossi, 31° episodio
  • Essere intelligenti senza contare niente: 10 foto di Gavin Watson, di Flavio Frezza
  • Joe Mansano, il boss di Brixton, di Alessandro Aloe
  • Who are you? Un’intervista con Irish Jack, di Michele Savini e Antonio Bacciocchi
  • Breve guida al bovver rock, di Paolo Sedazzari con illustrazioni di Paul McCaffrey
  • Anita Berber – Il corpo come arma, di Letizia Lucangeli
  • Skateboarding e punk hardcore negli anni ’80, di Riccardo Santi
  • Senza via d’uscita: il naufragio di Malcolm Owen, di Path
  • Margini – La vendetta della provincia, di Flavio Frezza
  • Don’t call it punk: un’intervista con Matteo Torcinovich, di Roberto Calabrò
  • Alex Vargiu: come sopravvivere senza elemosinare a Roma, di Simone Lucciola
  • Domenico Agostini, rovesciate a suon di musica, di Pierpaolo De Julis
  • Acciaierie, di Fabrizio Barile.

E inoltre contributi artistici e fotografici di Alo e Alexandra Czmil.

Notte: nuovo video e singolo digitale dei Razzapparte!

Razzapparte - Notte

Crombie Media Music presenta “Notte”, il nuovo videoclip e singolo digitale del gruppo Oi! punk viterbese.

Razzapparte

🇬🇧 English language version: New music video from Italian Oi! band Razzapparte.

Razzapparte – Notte

Il testo del nuovo brano dei Razzapparte – Oi! band viterbese attiva dal 1995 – è stato scritto durante il secondo lockdown, e riflette la cupezza di quei giorni.

Notte esce oggi come singolo digitale su tutte le principali piattaforme (BandcampSpotify, Apple Music e altri) per la nostra etichetta Crombie Media Music.

Il singolo va ad affiancare il videoclip realizzato da Mick L. Angelo aka Francesco Arduini, ex-trombettista della band, pubblicato sul canale YouTube della formazione lo scorso 25 maggio.

Aggiornamento del 27-11-2023 – Il singolo è ora disponibile anche in edizione fisica: si tratta di una cassetta professionale in edizione limitata (maggiori informazioni qua).

Seguono video musicale, audio e testo di Notte.

Guarda il video dei Razzapparte!

Il video è stato girato tra Viterbo, Celleno e Civita Castellana.

Ascolta il singolo digitale!

Notte

La grafica del singolo è di Alessandro Palmieri (Gli Ultimi), che ha realizzato anche il logo della band.

Puoi ascoltare la canzone su BandcampSpotify, Apple Music e altre piattaforme musicali.

Notte: il testo

Cala la notte sulla città muta
Qualcuno guarda, nessuno saluta
E ricorderò ciò che più non ho
Senza rimpianti oppure non so
A ben vedere non tutto è perduto
Conta l’azione, il momento, il minuto
Ti prometterò che ritornerò
Ma quando e come, questo non lo so.

Giro da solo per la città vuota
Non vado a casa, mi manca qualcosa.

Sono un po’ teso ma di buonumore
Odio chi sguazza in questo squallore
Li combatterò, è tutto quel che so
Rude e ribelle sempre resterò.

Giro da solo per la città vuota
Non vado a casa, mi manca qualcosa.

Non temerai più il vento
Né temerai la morte
Camminerai da solo
Nel freddo della notte.

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Articolo pubblicato il 28 maggio 2023 e aggiornato il 27 novembre dello stesso anno.

Finalmente disponibile Garageland #2!

Nana

Il numero autunnale della rivista di Crombie Media e Red Star Press – Hellnation Libri è finalmente disponibile!

Garageland 2

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Back in the garage…

Finalmente disponibile il secondo numero di Garageland – Suoni, visioni, sottoculture, il magazine cartaceo di Crombie Media e Red Star Press – Hellnation Libri!

Foto di copertina di Evelyn Kutschera. Formato 20,5×28 su carta di alta qualità (130 gr.), 84 pp., costo 15 €.

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Contenuti

  • Educazione skinhead, 30° episodio del fumetto di Mattia Dossi
  • Fotografia e sottoculture: un’intervista con Evelyn Kutschera, di Flavio Frezza
  • Mod bands e dintorni, di Antonio Bacciocchi
  • Boot boy glam e cori da stadio: alle origini della musica Oi!, di Freddy Alva
  • Un diamante seminascosto: gli Attak di New Mills, di Alessandro Aloe
  • Dal punk al RAC: la brutta storia della Rock-O-Rama, di Matt Crombieboy
  • Morte di una cheerleader, di Letizia Lucangeli
  • Greaser o Social?, di Cristiano Armati
  • La bellezza di raccontare A Skeggia, di Davide Z e Pietro
  • A sangue caldo: la folle storia di Don Drummond, di Path
  • Dai Bloody Riot ai Wendy?!: un’intervista con Lorenzo Canevacci, di Simone Lucciola

E inoltre contributi artistici di Camden Supernova, Gaspare Orrico, Gianluca Perito, Julitos Koba.

“Le volpi di Foxham”, il fantasy a tinte sottoculturali di Matteo Sedazzari

Le volpi di Foxham

Il nuovo romanzo dello scrittore londinese è un fantasy ambientato tra Italia e Inghilterra.

Il romanzo fantasy "Le volpi di Foxham" di Matteo Sedazzari

🇬🇧 Non-Italian speakers take note! This article on the Italian edition of Matteo Sedazzari's Tales from the Foxes of Foxham is not available in English. Anyway, you can rely on Google Translate for a rough translation.

Le volpi di Foxham

Ci siamo già occupati, in passato, dello scrittore londinese Matteo Sedazzari recensendo un suo lavoro, il riuscito romanzo con tratti sottoculturali Tales of Aggro. Qualche tempo fa, Matteo ci ha comunicato che il suo nuovo libro, Tales from the Foxes of Foxham, sarebbe stato in parte ambientato in Italia, paese di origine della sua famiglia, e che avrebbe voluto realizzarne un’edizione italiana per la propria casa editrice ZANI, proponendoci di tradurlo dall’inglese.

Ecco quindi Le volpi di Foxham, il romanzo fantasy di Matteo Sedazzari, tradotto in italiano da Flavio Frezza e Letizia Lucangeli di Crombie Media e abbellito dalle illustrazioni di Andy Catling! La storia è ambientata negli anni ’50 e le vicende narrate hanno luogo tra l’Italia (soprattutto a Napoli e in altre parti della Campania), le campagne del Norfolk e Londra.

Illustrazione di Andy Catling

Si potrebbe pensare che un romanzo ambientato nel secondo dopoguerra abbia poco a che fare con le sottoculture di nostro interesse: anche se queste in effetti non vengono citate apertamente, Le volpi di Foxham è in realtà disseminato di riferimenti all’abbigliamento mod e rude boy, allo scooterismo e al calcio, e inoltre ai più attenti non sfuggiranno i richiami a film come Quadrophenia (1979) e a band come i Beatles.

D’altro canto, Matteo si è avvicinato al modernismo durante il revival di fine anni ’70, e non poteva far altro che riversare il suo amore per la sottocultura e per tutto ciò che le fa da contorno in questo bel romanzo di fantasia.

Le volpi di Foxham

Il libro ha ricevuto finora un’ottima accoglienza, anche da parte di chi è al di dentro degli stili giovanili. Steve While, batterista di Paul Weller e degli Style Council, ha commentato: «Un altro godibile ed eccitante lavoro da parte dell’autore!»

Scootering Magazine: «Divertimento in salsa fantasy, con un pizzico di etica in stile Harry Potter e Guerre stellari ad arricchirne l’atmosfera».

Secondo il blog Mods of Your Generation, il romanzo costituisce «una lezione di empatia, inclusione e comprensione del prossimo, piena di eccitanti aspettative».

Altrettanto entusiastici i giudizi di chi si occupa prevalentemente di letteratura: secondo James Kahn (autore e adattatore letterario de Il ritorno dello Jedi, Poltergeist – Demoniache presenze e Indiana Jones e il tempio maledetto), «il mondo ha bisogno di romanzi che, come Le volpi di Foxham, siano in grado di sorprendere il lettore e di trasmettergli dei messaggi edificanti. Com’è evidente, la Forza scorre nelle vene dell’autore».

Le volpi di Foxham

Per quanto ci riguarda, tradurre in italiano il romanzo di Matteo è stato un vero piacere, ma essendo stato coinvolti nella realizzazione di questa edizione evitiamo di dilungarci ulteriormente sul suo valore.

Vi invitiamo dunque a procurarvi la vostra copia, disponibile esclusivamente tramite Amazon, sia in versione cartacea (8,31 €) che in formato Kindle (2,99 €).

Le volpi di Foxham, Matteo Sedazzari, illustrato da Andy Catling, UK 2022, 226 pp., 17,8 x 25,4 cm.

Segue il soffietto del libro:

Questo romanzo di avventura e magia ambientato negli anni ’50 farà viaggiare il lettore tra il trambusto di Napoli, i brividi di Londra e la tranquillità del Norfolk.

Nel corso del viaggio, incontrerai volpi argute e sfacciate, lupi che viaggiano in Vespa, orsi ben vestiti, tassi leali, streghe buone e malvagie incantatrici. Una miriade di situazioni emozionanti sfocerà in una drammatica battaglia tra il bene e il male.

Ispirato ai classici della letteratura e del cinema fantasy, Le volpi di Foxham è un romanzo gioioso e denso di stile e umorismo che saprà intrattenerti, facendoti ridere e gridare per l’emozione.

Clicca qui per acquistare Le volpi di Foxham!

Illustrazione del romanzo fantasy di Matteo Sedazzari

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Margini: nascere punk a Grosseto

Margini

Dall’8 settembre al cinema il film di Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti. Ce ne parla Letizia Lucangeli di Immagini dal Sud del Mondo.

Punk e skinhead in "Margini" (2022), il film di Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti

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Recensione di Margini (2022)

La provincia è un luogo assurdo e melmoso dal quale non si fugge mai del tutto, e solo chi vi è nato può raccontarne: tuttavia, genera fenomeni bellissimi, spesso più forti e duraturi rispetto alla città, perché qualsiasi idea o stile di vita che esulino dal piattume e dalla noia costano il doppio della fatica.

Il film Margini racconta di quanto sia difficile dibattersi nella realtà paludosa di Grosseto, una città in mezzo alla Maremma toscana, lontana da tutto, cresciuta in modo anonimo e disordinato – come molte città italiane medio-piccole – attraverso propaggini fatte di capannoni abusivi e condomini che confinano con la campagna riarsa; ma anche di cosa significhi provare e riuscire a compiere un’impresa impensabile in un posto così, dove se provi a sfogarti con la batteria arriva puntuale il vicino a romperti i coglioni.

Il lungometraggio di Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti era molto atteso da chiunque sia vicino al mondo delle sottoculture, poiché realizzato da un regista e uno sceneggiatore che a quel mondo appartengono. Niccolò e Francesco, infatti, sono membri della band punk hardcore PEGS dal 2005.

L’attesa non è stata delusa: Margini è un film fresco, sincero, con dialoghi e autentici, personaggi umanissimi, molto ben caratterizzati e del tutto credibili per chiunque conosca la scena, che agiscono in situazioni assolutamente realistiche ed esilaranti.

La band street punk protagonista del film in sala prove

I protagonisti di Margini, ambientato nel 2008, sono Edoardo (Emanuele Linfatti), Jacopo (Matteo Creatini) e Michele, interpretato dallo sceneggiatore Francesco Turbanti.

Edoardo, Jacopo e Michele hanno un gruppo street punk, che deve scontrarsi pressoché quotidianamente con i limiti culturali della loro città, dove il massimo che può capitare è riuscire a esibirsi durante la Tombolata Maremmana con tanto di cartelle in omaggio o avere a che fare con personaggi odiosi come il fonico, classico fan del prog e del metal con la faccia da secchione, proprietario di una scalcinata sala prove che sfoggia pretenziose t-shirt dei Dream Theater e degli Iron Maiden ma si riduce a fornire il service audio per la messa al parco comunale.

In questo scenario tragicomico, arriva la classica goccia: la band si vede cancellare un importante concerto a Bologna in cui avrebbe aperto per una famosa formazione hardcore di Boston, i Defense (interpretati nella finzione dai romani Payback, riuniti per l’occasione). Decisi a non cedere di un millimetro, i tre hanno un’idea: se noi non possiamo suonare con i Defense, saranno i Defense a venire da noi.

Edoardo, Jacopo e Michele mettono così in moto un meccanismo organizzativo che, attraverso una narrazione che mescola ironia e amarezza nel miglior stile della commedia all’italiana di livello, rende in modo egregio l’idea di cosa significhi imbarcarsi nel progetto di mettere in piedi un concerto punk a Grosseto.

Il concerto coi Defense di Boston, ovvero i Payback di Roma

Non sveliamo altro sulla trama: Margini uscirà nelle sale l’8 settembre. Ci limitiamo a raccontare che durante la ricerca della sala per il concerto i nostri si imbattono in una serie di personaggi degni di un Monicelli post-moderno: tra tutti, memorabile l’impiegata comunale carica di anelli e collane in un ufficio pieno di poster della proloco in cui troneggia una testa impagliata di cinghiale maremmano.

Edoardo, Jacopo e Michele dovranno fronteggiare imprevisti e difficoltà di ogni tipo. Magnifica la rappresentazione di una periferia sfilacciata e senza identità, fatta di salette parrocchiali chiuse a tripla mandata, circoli Arci, obbrobri architettonici, improbabili balere anni ’80. Nel film compare anche un delizioso cameo telefonico di Zerocalcare.

Ogni personaggio del film, ogni ambientazione sono di un’autenticità e di un realismo che non si vedevano da anni: il pensiero corre inevitabilmente alle storie posticce e mainstream di molto cinema italiano contemporaneo, e guardando Margini sembra di respirare aria fresca e pura, di riconnetterci a ciò che davvero siamo stati e siamo ancora.

Margini

Il film racconta anche che si può essere adulti in modo diverso, non necessariamente vittime delle convenzioni o delle relazioni tossiche come la madre di Edoardo o del tutto anacronistici come il suo compagno, rassegnati a ruoli già ascritti. Si può essere adulti come Michele, ad esempio, autenticamente innamorato della compagna e padre affettuosissimo.

Uno dei meriti maggiori di Margini, oltre ad essere un film autenticamente punk con riferimenti, dischi, abbigliamento e toppe al posto giusto e una bella colonna sonora, è rappresentato da una scrittura allo stesso tempo fluida e minuziosa, che alterna leggerezza e malinconia e segue la trama principale ma allo stesso tempo approfondisce l’umanità di ogni singolo personaggio, restituendoci ritratti di gente e luoghi che abbiamo incontrato anche noi, che scriviamo e da un luogo molto simile e neanche tanto lontano da Grosseto.

Oltre agli indiscutibili meriti artistici, l’autenticità del lavoro di Falsetti e Turbanti, infine, è rappresentata dalla provenienza dello staff che ha lavorato al film, di provenienza in maggioranza grossetana. Tra tutti, David Bardelli del negozio di abbigliamento Rudeness, che ha tra l’altro fornito una preziosa consulenza per l’abbigliamento di Michele, uno dei rari skinhead cinematografici vestiti con proprietà dopo decenni di ridicolizzazione dello stile.

Margini rappresenta dunque un piccolo gioiello nella produzione cinematografica italiana, che in virtù della sua sincerità sarà sicuramente apprezzato anche dagli spettatori non direttamente coinvolti nella scena punk.

Margini
Niccolò Falsetti, Francesco Turbanti
Italia 2022, 91’

Margini

Margini – Trailer ufficiale

Guarda il trailer ufficiale del film!

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Super Fly (1972): il film e la colonna sonora

Super Fly (1972)

Il 4 agosto 1972 usciva al cinema Super Fly di Gordon Parks Jr.
Festeggiamo il 50° anniversario di questo classico della blaxploitation parlando del film e della splendida colonna sonora di Curtis Mayfield.

Super Fly

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Super Fly, il film

Super Fly (1972) è il film di debutto del regista afroamericano Gordon Parks Jr., così come la sua opera più famosa.

Non che abbia avuto la possibilità di sviluppare a fondo le sue doti, visto che purtroppo scomparve solo qualche anno dopo, nel 1979, all’età di 45 anni, in seguito a un incidente aereo in Kenya, dove si era recato per girare un film.

Super Fly è uno dei capisaldi della blaxploitation, filone del cinema d’exploitation destinato al vasto pubblico nero nordamericano.

Gli ingredienti ci sono tutti: i personaggi principali sono neri, il luogo d’ambientazione principale è il quartiere di Harlem, e naturalmente non mancano nudità, violenza e droghe (nello specifico, cocaina), il tutto condito da una trama piuttosto lineare e senza grosse sorprese.

Ron O'Neal

Il protagonista, Youngblood Priest (Ron O’Neal), è un pappone e spacciatore dai gusti pacchiani, che vive nel lusso.

Il suo stile di vita contrasta, ovviamente, con la povertà di Harlem, dove egli vive.

Super Fly (1972)

Stanco dello stress e dei pericoli derivanti dalle sue attività, Youngblood decide di fare il colpo grosso, nella speranza che questo gli permetta finalmente di abbandonare il crimine.

Questo suo tentativo innescherà una serie di fatti che coinvolgeranno altri criminali, prostitute, brutali poliziotti bianchi e funzionari di polizia corrotti.

Murales ad Harlem

Le critiche al film

La pellicola si fece una cattiva reputazione per diversi motivi, a partire dal fatto che il personaggio principale fu preso come modello da una parte della gioventù afroamericana, al punto che – diversi anni più tardi – alcuni ex-criminali dichiararono che le loro scelte furono influenzate dalle azioni del protagonista.

Bisogna ricordare, inoltre, che Super Fly uscì all’indomani della stagione di lotte per i diritti civili, che miravano a un avanzamento delle condizioni di vita dei neri.

Infatti, il film finì nel mirino di associazioni e attivisti afroamericani, i quali sostenevano che perpetuasse e alimentasse gli stereotipi già esistenti sulle persone di colore.

Super Fly (1972)

In realtà, anche se Super Fly mantiene, secondo alcuni, una certa ambiguità su temi come lo spaccio e lo sfruttamento della prostituzione, nessun personaggio ne esce particolarmente bene.

Questo ci porta a prendere in considerazione un’interpretazione alternativa, secondo la quale il film intende evidenziare la difficoltà, per certi settori della popolazione statunitense, di emanciparsi dalla povertà, la cui unica via d’uscita sarebbe – con poche eccezioni – quella del crimine organizzato.

Quest’ultima spiegazione, d’altronde, trova conforto in alcuni dialoghi della pellicola – piuttosto chiari, per non dire didascalici – che evidentemente i detrattori del film hanno preferito ignorare.

Ad esempio, quando Youngblood annuncia la sua intenzione di lasciare il crimine, il suo socio cerca di dissuaderlo, e infine commenta: «So che è un gioco sporco, ma è l’unico che ci lasciano fare».

Cocaina

La colonna sonora di Curtis Mayfield

Tuttavia, il motivo principale per cui Super Fly si è fatto un nome, sta forse nel contrasto tra la presuntà bassa qualità del lungometraggio e la bellezza della colonna sonora, interamente affidata all’artista soul e funk Curtis Mayfield.

Ma se c’è una sproporzione tra immagini e musiche, questa è dovuta, a nostro avviso, non tanto allo scarso valore di Super Fly – che nonostante alcuni difetti non è al di sotto del livello di altri film del genere – quanto, al contrario, alla perfetta riuscita della colonna sonora, obiettivamente difficile da eguagliare, soprattutto nel caso di un’opera girata con risorse piuttosto limitate.

Curtis Mayfield

Quando Curtis Mayfield venne coinvolto nella realizzazione di Super Fly, aveva alle spalle due album solisti, oltre a quelli già realizzati con il suo gruppo precedente, gli Impressions, formatisi nel 1958.

L’artista di Chicago appare in una scena insieme alla propria band The Curtis Mayfield Experience mentre si esibisce in uno dei locali frequentati da Youngblood.

The Curtis Mayfield Experience

L’album Super Fly (1972) è ritenuto una delle migliori colonne sonore di sempre, nonché uno dei maggiori classici soul e funk degli anni ’70, tanto da essere stato saccheggiato da decine e decine di produttori hip hop.

Chiunque segua, anche blandamente, la musica nera, non può non conoscere almeno una parte dei brani del disco, a partire da Pusherman e dalla stessa Superfly:

Super Fly (1972): The Curtis Mayfield Experience

Il coinvolgimento di Mayfield, inoltre, ci sembra che ricopra anche un altro ruolo, oltre a quello del musicista, dato che i suoi testi sono più espliciti, rispetto al film, nel condannare un certo stile di vita.

Bisogna tener conto, a tal proposito, del fatto che l’artista era noto per il suo impegno al fianco dei movimenti per i diritti civili.

Super Fly (1972)

Questi fattori hanno portato alcuni a vedere una discrepanza tra film e colonna sonora non solo sul piano qualitativo, ma anche nei rispettivi contenuti.

A noi viene da pensare, invece, che l’idea di coinvolgere un personaggio come Mayfield fu dovuta – oltre che agli ovvi motivi commerciali – anche alla volontà della produzione di chiarire ulteriormente il significato dell’opera.

La saga di Super Fly

Concludiamo questo articolo con una panoramica sulla saga di Super Fly, che comprende due seguiti e un recente remake.

Si noti come i primi due film adottino la grafia Super Fly, mentre per i titoli successivi – così come per il brano originale di Mayfield – è stata preferita la grafia congiunta Superfly.

Super Fly T.N.T. (1973)

Seguito diretto del primo capitolo della saga, interpretato nuovamente da Ron O’Neal, che diresse pure la pellicola.

Il film è ambientato a Roma, dove Youngblood, dopo il colpo grosso realizzato nel film precedente, si è trasferito per condurre una vita più tranquilla.

La colonna sonora fu affidata, in questo caso, agli Osibisa, una band afrobeat con base a Londra, composta da musicisti africani e caraibici.

Super Fly T.N.T. fu un fallimento, sia economico che di critica, tanto da essere stato distribuito in formato VHS solo nel 1998, e mai ristampato in formati video più moderni.

Il ritorno di Superfly (The Return of Superfly, 1990)

Il terzo capitolo della saga – diretto da Sig Shore – descrive il ritorno a New York del protagonista, che però in questo film non si chiama  Youngblood Priest ma Superfly, ed è interpretato da Nathan Purdee.

Nonostante la presenza di Samuel Jackson – che ricopre il ruolo di Nate Cabot, amico di Superfly – anche questo lungometraggio ha avuto scarso successo.

La colonna sonora comprende dei brani di Curtis Mayfield, oltre ad alcuni pezzi rap.

Superfly (2018)

Recente rifacimento in salsa hip hop del primo capitolo della saga, diretto dal canadese Director X. Il ruolo di Youngblood Priest è affidato, in questo caso, a Trevor Jackson.

Buoni gli incassi cinematografici, tiepida l’accoglienza della critica.

Fine della saga?

Ci sembra che per ora non si parli di ulteriori seguiti della saga, perciò – se siete interessati ad altri incontri tra il cinema e la musica nera – vi consigliamo, per il momento, di dare uno sguardo al nostro articolo su Minnie the Moocher – pubblicato in occasione del 40° anniversario del film The Blues Brothers (1980) – e al post dedicato a un lungometraggio relativamente recente, Northern Soul (2014) di Elaine Constantine.

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Questo articolo è stato pubblicato il 6 febbraio 2019 e aggiornato il 3 agosto 2022, in occasione del cinquantesimo anniversario del film.

Ricky Shayne: il rocker che si finse mod

Ricky Shayne - Uno dei mods

In Italia, a partire dal 1965, il nome di Ricky Shayne fu associato impropriamente alla sottocultura mod. Ce ne parla Antonio Bacciocchi.

Ricky Shayne - Uno dei mods

🇬🇧 Non-Italian speakers take note! This article about Ricky Shayne is only available in Italian language. However, you can still rely on Google Translate for a rough translation.

Mod o rocker?

Quello di Ricky Shayne è stato uno dei primi nomi che, in Italia, sono stati associati al modernismo: infatti, nel 1965 venne pubblicato il suo 45 giri di musica beat Uno dei mods, a cui seguì, un anno dopo, un altro brano a tema, Vi saluto amici mods.

Shayne, inoltre, interpretò il musicarello La battaglia dei mods (1966), diretto da Franco Montemurro e ambientato a Liverpool, che rievocava in modo del tutto arbitrario la rivalità tra mod e rocker.

Anche la sua immagine aveva ben poco a che fare con il mondo mod ed era, anzi, più affine a quella dei rocker.

Ricky Shayne - La battaglia dei mods

Parte della notorietà di Ricky Shayne si basava sulle sue origini misteriose, sulle quali ha recentemente fatto chiarezza, finendo per parlare anche del malinteso sulla sua identità “mod”:

Sono nato a Il Cairo da padre americano, manager petrolifero di origini libanesi, e madre francese. Ma io sono uno zingaro senza radici.

Ero un rocker giramondo e quando sono arrivato in Italia nel ’63 ho sentito solo musica melodica. Mi sono detto: qui non c’è tanta concorrenza!

La mia fortuna è stata incontrare il grande produttore Franco Migliacci, che ha inventato il personaggio del mod, sebbene io fossi un rocker…

Facemmo anche il film, La battaglia dei mods, un successo incredibile.

La battaglia dei mods (1966)

Gli anni post-“mod”

Conclusasi velocemente la parentesi “mod”, Shayne proseguì registrando altri singoli (delle cover in italiano di Love Me Tender e Black is Black, qualche brano rock and roll e una bella versione di My Babe), nonché un discreto album con gli Skylarks, per poi trasferirsi in Germania.

Qua Ricky Shayne avviò una nuova carriera, sempre all’insegna del rock and roll e del melodico, ma dando spazio anche a un singolo come Ich sprenge alle ketten – si tratta di una sorta di hard glam bubble rock, prodotto e suonato da Giorgio Moroder – e una versione teutonica electro funk di After Midnight di J.J. Cale.

Nel 1976, recitò una parte importante in un episodio de L’ispettore Derrick.

In una recente intervista, Shayne ha dichiarato di essere stato a Woodstock nel 1969 e di avere incontrato Jimi Hendrix, di essere stato un playboy da “centinaia, migliaia di ragazze”, e di aver avuto una vita a base di sex, drugs and rock and roll negli anni del Piper romano.

Nello stesso periodo, avrebbe anche flirtato con la malavita.

Ricky Shayne oggi

In Germania è stato recentemente prodotto un telefilm dedicato al cantante, intitolato Shayne e diretto da Stephan Geene, che ha tra i protagonisti lo stesso Ricky Shayne e i suoi figli Tarek e Imran.

La miniserie – composta da 6 episodi di 20 minuti ciascuno – è basata sullo spettacolo teatrale Mutwillig Shayne ed è stata presentata in anteprima lo scorso 12 febbraio al Delphi Filmpalast di Berlino.

La sua carriera, oggi, prosegue tra concerti e apparizioni televisive.

Io ho sempre detto quello che pensavo, e forse per questo mi hanno fatto fuori.

Ma ho sempre vissuto a modo mio, senza rimorsi. Sono libero. Free as a bird, man!

Shayne: la serie TV su Ricky Shayne

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Questo articolo è apparso originariamente sul blog Tonyface, e qua riproposto il 9 luglio 2019 con il permesso dell’autore. Ultimo aggiornamento: 17 dicembre 2022.

Mod e rocker nella cultura pop italiana

La Tribuna illustrata: mod contro rocker

Il panico morale sulla rivalità tra mod e rocker sbarca in Italia, prima nel 1964 grazie alla stampa nazionale, e poi tramite due film del 1966, “La battaglia dei mods” e “Fumo di Londra”.

Mod e rocker nella cultura pop italiana: la copertina de "La Tribuna illustrata"

🇬🇧 Non-Italian speakers take note! This article about the media coverage of mods and rockers is only available in Italian language. However, you can still rely on Google Translate for a rough translation.

Mod contro rocker

Il 7 giugno del ’64 il settimanale romano La Tribuna illustrata, fondato nel 1890, dedicò l’immagine di copertina agli scontri tra mod e rocker che in quel periodo avevano luogo in diverse località del Regno Unito, soprattutto nel corso dei bank holidays.

I mass media britannici diedero grosso risalto agli episodi di violenza, spesso esagerandoli, e crearono così un autentico panico morale i cui echi giunsero fino in Italia, prima attraverso la stampa e poi – come vedremo – per mezzo di altri canali.

Mod contro rocker in "Quadrophenia" (1979)
Una gang di rocker insegue un mod. Immagine tratta dal film Quadrophenia (1979) di Franc Roddam.

Benessere senza civiltà

Ma torniamo ai mod e ai rocker ritratti sulla copertina de La Tribuna illustrata.

La didascalia recitava:

Benessere senza civiltà: migliaia di giovani di ambo i sessi, appartenenti a due bande rivali, si sono scontrati sulle spiagge di Margate, Folkestone e Brighton, devastando i locali e le attrezzature balneari e picchiandosi selvaggiamente tra il panico dei turisti.

Un morto, venti feriti e centinaia di milioni di danni sono il bilancio di questa assurda guerra combattuta da giovani nati dopo l’ultimo conflitto.

La didascalia, quindi, rimandava all’interno del giornale: «Leggere a pag. 36-37: Siete un “mod” o un “rocker”?». Purtroppo non ci è stato ancora possibile reperire l’articolo completo.

L’immagine di copertina fu notata oltremanica. Poco tempo dopo, infatti, se ne occupò il mensile britannico The Solicitors Journal.

Un gruppo di giovani rocker nel film Poor Cow (1968) di Ken Loach.

L’autore dell’articolo definì l’illustrazione «molto vivace», e commentò piccato che «per quanto la nostra bella gioventù possa risultare esotica, il disegnatore mediterraneo ha senz’altro calcato la mano nella resa della rissa, con quelle facce scure, quei coltelli lucenti e quello scontro feroce tra due ragazze».

Il giornalista passava quindi ad elencare alcuni disordini giovanili avvenuti in città europee come Stoccolma, Fihnahmn, Öregrund e così via, nell’intento di sminuire quanto accadeva allora nel Regno Unito.

Ragazza rocker
Una giovane rocker nel documentario Chelsea Bridge Boys (1965).

Mod e rocker nel cinema e nella musica italiani

Come già accennato, non ci volle molto affinché nel nostro paese si cominciasse ad assistere ai primi tentativi di sfruttare commercialmente la sottocultura mod, sia tramite il cinema che attraverso la musica.

Tralasciando lo splendido Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni – per il quale rimandiamo alla nostra recensione – esistono infatti due film diretti da italiani in cui viene preso in esame il modernismo in un’ottica di exploitation, facendo leva sui contrasti tra la sottocultura mod e quella dei rocker.

Ci riferiamo a La battaglia dei mods di Franco Montemurro e a Fumo di Londra di Alberto Sordi.

Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni.
Sebbene il modernismo non venga mai tirato apertamente in ballo, Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni è considerato uno studio su quella sottocultura.
Lo pseudo-mod Ricky Shayne e il film “La battaglia dei mods” (1966)

Come noto, il cantante e attore Ricky Shayne fu convinto dal produttore Franco Migliacci a fare la parte del mod, a dispetto del fatto che egli fosse inequivocabilmente un rocker.

Di questa vicenda ci ha parlato dettagliatamente Antonio Bacciocchi nell’articolo Ricky Shayne: il rocker che si finse mod, perciò ci limitiamo a ricordare che Shayne registrò i singoli Uno dei mods (1965) – il pezzo, poi ripreso dal gruppo Oi! punk Nabat, parlava di un cruento scontro tra mod e rocker – e Vi saluto amici mods (1966).

Egli inoltre ricoprì il ruolo del protagonista “mod” nella coproduzione italo-tedesca La battaglia dei mods (1966), film diretto da Franco Montemurro e ambientato tra Liverpool e Roma.

La battaglia dei mods è purtroppo difficile da reperire: i più curiosi dovranno quindi accontentarsi della versione in inglese e in bassa qualità video disponibile pure su YouTube.

La battaglia dei mods (1966)

Il film “Fumo di Londra” (1966) di Alberto Sordi

Anche Alberto Sordi, in una delle scene finali del suo debutto alla regia Fumo di Londra (1966), finì per unirsi a una banda di mod e beatnik (nel periodo della Swinging London ci fu una parziale sovrapposizione tra le due culture) e a partecipare suo malgrado a un regolamento di conti con una gang di rocker.

Il film è disponibile su YouTube, ma pure in questo caso la qualità non è delle migliori.

Alberto Sordi in "Fumo di Londra"

Altri film (non italiani) sull’argomento

Nel nostro blog, ci siamo occupati di diversi film sui mod oppure sui rocker in cui manca però lo zampino italiano, ovvero la commedia Smashing Time (1967) e il documentario Chelsea Bridge Boys (1965), che senz’altro costituiscono rappresentazioni più credibili delle sottoculture in esame.

Esistono poi altri lungometraggi che descrivono l’altra faccia dei Swinging Sixties, come ad esempio Poor Cow (1967) di Ken Loach, di cui abbiamo parlato nell’articolo sul Free Cinema britannico.

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2019 e aggiornato il 17 settembre 2023.

Dèmoni 2… L’incubo ritorna (1986) di Lamberto Bava

"Dèmoni 2" di Lamberto Bava

Qualche parola sul seguito di Dèmoni (1985), sui (blandi) nessi con il mondo delle sottoculture e sui sequel apocrifi della saga.

Dèmoni 2... L'incubo ritorna (1986) di Lamberto Bava

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Dèmoni 2… L’incubo ritorna, Lamberto Bava, Italia 1986, 92′

Dopo aver rovinato la propria festa di compleanno, l’antipatica Sally Day (Coralina Cataldi Tassoni) si chiude in camera a guardare un film dell’orrore. Quando un demone esce dal televisore e l’aggredisce, la ragazza si trasforma in un essere maligno e attacca i suoi amici, dando il via a un’epidemia demoniaca.

Coralina Cataldi Tassoni

Il film horror diretto da Lamberto Bava e prodotto da Dario Argento si riallaccia in maniera pretestuosa a Dèmoni (1985), di cui abbiamo già evidenziato le connessioni con il mondo delle sottoculture e dei generi musicali di riferimento, come il goth e il punk.

Dèmoni 2

Dèmoni 2… L’incubo ritorna ricalca grossomodo la trama del film precedente, tanto da sembrare più un remake spirituale che un vero e proprio seguito.

Anche se l’elemento dell’epidemia era presente pure in Dèmoni, il richiamo ai film di zombi di George Romero è in questo caso palese, così come le influenze esercitate da Il demone sotto la pelle (1975) e Videodrome (1983), entrambi di David Cronenberg.

Coralina Cataldi Tassoni nelle vesti di un demone

A parte Coralina Cataldi Tassoni – protagonista, qualche tempo più tardi, del film di culto Il bosco 1 (1988) di Andrea Marfori – il cast include Asia Argento (che aveva all’epoca dieci anni) nel ruolo della piccola Ingrid e Nancy Brilli nei panni di Hannah, una donna incinta in fuga dal palazzo invaso dai demoni insieme a suo marito George, interpretato da David Knight.

Non manca all’appello Bobby Rhodes nel ruolo di Hank, l’istruttore della palestra: l’attore aveva fatto parte anche del cast di Dèmoni, ma aveva lì ricoperto un altro ruolo, quello del pappone Tony.

Come nel film del 1985, è presente una sottotrama con quattro giovani scapestrati che scorrazzano in auto (si tratta delle strade di Amburgo, anche se la città non viene mai nominata); tra loro, una ragazza goth.

La ragazza goth di Dèmoni 2

La colonna sonora è a base di post-punk, goth rock e new wave – a discapito dell’heavy metal, a cui era stata data grande enfasi nella pellicola precedente – e le musiche originali sono del compositore inglese Simon Boswell, e non più – come in Dèmoni – di Claudio Simonetti dei Goblin.

Dèmoni 2 – uscito all’estero come Demons 2 – non è al livello del suo predecessore, ma si tratta comunque di un lavoro divertente e ben realizzato. Inoltre, il piano musicale permette di sorvolare sulla scarsa qualità dei riferimenti agli stili giovanili, ancora più vaghi rispetto al film precedente.

Naturalmente, questo dettaglio non inficia minimamente la godibilità del film. Tuttavia, chi si era appassionato a Dèmoni anche per via della presenza di personaggi punk, goth e new wave potrebbe essere meno interessato al sequel, che è comunque consigliato agli amanti dell’horror italiano degli anni ’80.

I demoni di Dèmoni 2

Dèmoni: la saga continua?

Visto che anche Dèmoni 2 riscosse un certo successo, Argento e Bava pensarono di aggiungere un ulteriore capitolo alla serie, ma al suo posto venne infine realizzato La chiesa (1989), diretto da Michele Soavi, che aveva fatto parte del cast della prima pellicola. Pure in questo caso, una parte della trama ricalca quelle di DèmoniDèmoni 2, con l’esplosione di un’epidemia demoniaca all’interno di uno spazio chiuso, e il cast include di nuovo Asia Argento. La colonna sonora comprende dei brani dei Goblin (questa volta al completo) e soprattutto di Keith Emerson.

Esistono poi dei sequel apocrifi, come Dèmoni 3 (1991) di Umberto Lenzi, il cui titolo fu imposto al regista per ragioni commerciali. La pellicola di Lenzi, girata in Brasile e distribuita all’estero come Black Demons o Demons 3, non ha però nulla a che a fare con la breve saga di Bava e Argento, trattandosi di un film di zombi in stile pre-Romero, ridotti all’obbedienza da riti vudù.

All’estero, fu distribuito come Demons 3 – The Ogre un altro lungometraggio di Lamberto Bava, neanche in questo caso connesso ai film precedenti: si tratta infatti di un lavoro televisivo ambientato in Umbria il cui titolo originale è La casa dell’orco (1989), trasmesso su Italia 1 all’interno della serie antologica Brivido giallo. La serie è composta da quattro lungometraggi, tutti diretti da Bava con musiche di Simon Boswell.

Nancy Brilli in Dèmoni 2

Un altro film prodotto da Dario Argento e diretto da Michele Soavi, La setta (1991), è stato distribuito all’estero con vari titoli, tra i quali Demons 4 – The Sect. La colonna sonora è in questo caso di Pino Donaggio.

Nel 1989 uscì al cinema il rifacimento del più noto film di Mario Bava, La maschera del demonio (1960), diretto dal figlio Lamberto, con musiche affidate ancora una volta a Boswell. Sul mercato internazionale fu distribuito nel tempo con diversi titoli, tra i quali Demons 5 – The Devil’s Veil.

Esistono infine dei sequel a fumetti: Demons 3 (2012) di Stefan Hutchinson, Barry Keating, Jeff Zornow e Peter Fielding – incluso in un cofanetto della Arrow Films che raccoglie i film Dèmoni e Dèmoni 2 – e Dèmoni – Il regno delle tenebre (2019) di Andrea Gallo Lassere e Simona Simone, edito dalla Rustblade Comics.

Da anni si vocifera di un seguito ufficiale della saga diretto da Geretta Geretta, che era apparsa in Dèmoni nel ruolo di Rosemary, ma rimane da vedere se l’operazione andrà effettivamente in porto.

Demone bambino

Trailer di Dèmoni 2… L’incubo ritorna

Trailer italiano, in bassa definizione:

Trailer HD in lingua inglese:

Colonna sonora originale di Simon Boswell

Altri brani della colonna sonora di Dèmoni 2

Fotogramma del film horror di Lamberto Bava

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