“Moonstomp” (2019) di Tim Wells
Reggae, punk rock e lupi mannari: recensione del libro pulp horror di Tim Wells, “Moonstomp”, ambientato nell’epoca del revival skinhead
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“Youth cult meets occult”
“Il culto giovanile incontra l’occulto”: la persuasiva frase di Rhoda Dakar – già voce della band 2 Tone femminile The Bodysnatchers – fa mostra di sé sulla copertina di Moonstomp (2019), il breve romanzo pulp horror di Tim Wells pubblicato lo scorso giugno dalla casa editrice britannica Unbound.
Il libro, di 96 pagine, presenta in copertina una bella foto di Derek Ridgers, che ritrae una skingirl londinese del periodo del revival skinhead.
Tim Wells proviene proprio da quell’epoca: avvicinatosi alla sottocultura skin nella seconda metà degli anni ’70, è noto per le sue attività di ranting poet, redattore di fanzine e DJ reggae e soul.
Avevamo intervistato Tim nel giugno dello scorso anno, perciò – se volete sapere di più sul personaggio – vi consigliamo di leggere quella conversazione, in cui parla delle sue influenze culturali, stilistiche e musicali: Un’intervista con Tim Wells: ranting poetry, sottoculture e un po’ di horror.
Moonstomp
Nel corso dell’intervista, Tim Wells ci aveva parlato del romanzo Moonstomp, un pulp horror che avrebbe fatto il verso ai celebri romanzi pubblicati negli anni ’70 dalla New English Library, casa editrice conosciuta soprattutto per i pulp sottoculturali di James Moffat, meglio noto come Richard Allen.
Ora che abbiamo Moonstomp tra le mani, possiamo dire che l’autore ha mantenuto le promesse: gli elementi pulp ci sono tutti (sesso, alcol, microcriminalità, violenza), e inoltre i riferimenti alle sottoculture e ai generi musicali di nostro interesse sono molto accurati, a differenza di quanto avveniva nei romanzi della New English Library, che erano scritti da persone che avevano contatti marginali o del tutto inesistenti con il mondo dei culti giovanili.
In Moonstomp troviamo infatti una miriade di richiami agli stili skinhead e punk, nonché al punk rock, alla new wave, al reggae e allo ska.
Alcuni di questi richiami sono espliciti, mentre altri possono essere considerati piccoli regali a chi è più al di dentro dei culti working class.
Ad esempio c’è una scena in cui il protagonista – uno skinhead ebreo chiamato Joe Bovshover – riceve una fellatio da una skingirl dalle dubbie idee politiche nel bagno di un locale, mentre al piano inferiore si esibisce un non specificato gruppo punk:
Attraverso il pavimento sentì che la band stava iniziando.
Le parole amplificate del burbero cantante di Sunderland dicevano qualcosa a proposito del fatto che veniva caricato a molla come un’arancia meccanica.
Si tratta, naturalmente, di un riferimento a Mensi e ai suoi Angelic Upstarts, nonché al verso iniziale di “Teenage Warning”, title track del loro album del 1979.
Come si vede, allusioni di questo genere non incidono negativamente sulla lettura da parte di persone che non sono troppo al di dentro delle culture punk e skinhead, ma anzi contribuiscono a delineare ulteriomente il contesto.
Ma veniamo agli aspetti horror del libro: nella succitata intervista, Tim Wells parlava delle letture e dei film con cui è cresciuto, che comprendono le pellicole della Universal Studios e della Hammer Film Productions.
Queste influenze si riversano inevitabilmente su Moonstomp: il protagonista, infatti, scopre di essere diventato un licantropo in seguito al morso ricevuto dalla cantante new wave statunitense Lene Lovich nel corso di una sua esibizione a Londra.
Durante la notte di luna piena successiva al concerto, avviene il primo di una serie di brutali delitti compiuti da un misterioso omicida, che viene descritto come “uno skinhead dalla faccia pelosa”.
A complicare la situazione, c’è il fatto che una gang rivale dà la caccia al povero Joe, poiché Kessler, il loro capo, è venuto a sapere dell’incontro sessuale tra la sua fidanzata e il protagonista, avvenuto durante il concerto degli Angelic Upstarts.
Senza svelare altro sulla trama, vi consigliamo di procurarvi il libro, che per ora è disponibile soltanto in inglese.
Si tratta di un testo divertente e leggero, ma sicuramente non superficiale. Le capacità di scrittura di Tim Wells – già abbondantemente provate nella sua lunga carriera di poeta – si rivelano adatte anche alla prosa: il testo è intelligente, cólto e denso di humour inglese, e il gran numero di riferimenti al mondo della musica e delle sottoculture non possono che renderne ancora più godibile la lettura.
Sono inoltre presenti alcune piccole chicche, come la finta bibliografia che si trova alla fine del testo:
Concludiamo questa breve recensione con una curiosità: il volume è uscito esattamente un anno dopo la pubblicazione della versione in inglese dell’intervista con Tim Wells, che aveva preceduto di una settimana la traduzione in italiano della medesima conversazione.
Ci auguriamo che Moonstomp non rimanga un unicum nella carriera del poeta londinese, e che al testo possano seguire ulteriori romanzi pulp.
Se intendete acquistare il libro, potete ordinarlo online.
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