The Templars: un’intervista con Phil
Phil Templar ci racconta le sue passioni e parla del passato, del presente e del futuro del gruppo skinhead Oi! più influente degli ultimi decenni.
🇬🇧 Non-Italian speakers take note! This article is an authorized translation of the following interview, albeit slightly shortened and with a different introduction: Skinhead crusader: A chat with Phil Templar.
Phil e i Templars
I Templars sono sicuramente il gruppo Oi! più influente degli ultimi 30 anni: nessuno, più di loro, ha fatto tanto per ampliare l’immaginario talvolta asfittico ed eccessivamente autoreferenziale della scena Oi! e skinhead.
Ci riferiamo agli interessi variegati dei Templars – e in particolare alla loro passione per la storia antica e soprattutto medievale – così come all’inserimento nelle sonorità tradizionali dell’Oi! di elementi musicali esterni.
Ad alcuni i Templars non piacciono per via di certe loro prese di posizione in merito alla politica. Tuttavia, anche in Italia – dove per ragioni storiche la scena skinhead si è politicizzata sempre più verso sinistra a partire dai primi anni ’90 – la band vanta un gran numero di fan, che evidentemente comprendono il fatto che i Templars vivono in un contesto sociale e politico profondamente differente rispetto a quello italiano.
D’altro canto, come hanno notato gli amici di Creases Like Knives – autori di questa intervista, che ci hanno gentilmente permesso di tradurre in italiano – «anche se i Templars si considerano una band antipolitica, i loro testi sono spesso saturi di rabbia, e addirittura di disperazione, nei confronti di quelle forze fuori dal nostro controllo che opprimono le nostre vite».
La parola a Phil Templar
Secondo te, qual è il vostro lascito alla musica Oi!, e in quale modo avete influenzato altre band? E poi, quando è iniziata questa tua passione?
Direi che il nostro più grande lascito è quello di aver mantenuto la musica Oi! grezza e Lo-Fi, rozza e ruvida come dovrebbe essere… Se alle persone piacciono le sonorità super pulite sono affari loro, ma il nostro intento era quello di continuare a rifarci al “suono della strada”, credo.
Anche nelle nostre prime registrazioni ci sono degli errori che abbiamo deciso di lasciare così com’erano, perché a noi… Affanculo, andava bene così!
Il primo album dei Last Resort è stato registrato con un quattro tracce, e risulta ancora oggi molto potente.
Per quanto mi riguarda, ho iniziato a interessarmi all’Oi! quando facevo le superiori. Ho suonato in qualche band – tutte formazioni che non hanno fatto strada – finché non ho incontrato Carl nel 1990, quindi abbiamo iniziato a provare insieme.
Nel ’92 abbiamo cominciato a suonare dal vivo, e da allora non ci siamo più fermati. Si tratta, in tutto, di 27 anni di musica suonata nel modo in cui più ci piaceva.
Siamo andati avanti fregandocene degli alti e bassi della “scena”, e non soltanto quando c’era qualche soldo da mettere in tasca.
Hai suonato con un sacco di band… A parte le formazioni più note – The Templars e Stomper 98 – ce ne sono altre di cui sei particolarmente fiero?
Per quanto riguarda le band, da qualche anno non sono più attivo come una volta.
In passato ho fatto da turnista per altri gruppi, sia dal vivo che in studio, anche se sempre per periodi brevi.
Oggi come oggi, mi concentro esclusivamente sui Templars e gli Stomper 98.
Ti chiedono sempre quali sono le vostre influenze… Questa volta vorremmo sapere quali sono le band che non sopporti, e perché.
Mh. Se un gruppo non mi piace mi limito a non ascoltarlo. Dico davvero: non mi piace sparlare di altri gruppi o altre persone, lascio queste genere di attività ai mezzi uomini che si divertono a parlarsi reciprocamente alle spalle.
Ho qualcosa da ridire sulle formazioni che cambiano il proprio aspetto per fare qualche soldo in più, oppure perché mirano a un mercato ben preciso. Voltare le spalle a chi ti ha sostenuto sin dall’inizio e ti ha permesso di diventare grande è veramente da stronzi.
Se qualcuno si riconosce in questa descrizione, non se la prenda: si tratta semplicemente del mio punto di vista.
Vedere i Templars dal vivo è un’esperienza completamente differente rispetto all’ascolto del materiale Lo-Fi registrato in studio: dischi e concerti mi sembrano del tutto in contrasto tra loro. Questa non è una critica, tutt’altro…
È vero, e questo contrasto è voluto.
Come dicevo prima, le registrazioni Lo-Fi rendono omaggio ai gruppi con cui siamo cresciuti. Dal vivo, invece, è necessario avere un suono più potente, e questo non fa che valorizzare le canzoni registrate in Lo-Fi. In effetti, si tratta di due esperienze differenti.
Mi piace molto suonare dal vivo: scherziamo parecchio e interagiamo con gli amici sotto il palco, senza parlare del fatto che mi fa piacere vedere i ragazzi mentre si scatenano con la nostra musica.
Questo è uno dei motivi per cui preferisco i piccoli locali: è bello vedere quei posti belli pieni, mentre negli spazi più grandi sembra non esserci mai abbastanza gente, indipendentemente da quante persone siano effettivamente entrate.
Quando si sono riformati, sei entrato a far parte dei Battle Zone [gruppo Oi! e RAC dell’Essex, attivo per circa un decennio, a partire dalla fine degli anni ’80 – NdR]. Puoi raccontarci com’è andata, soprattutto tenendo conto del fatto che inizialmente erano su posizioni di estrema destra?
In realtà, la band in cui ho suonato si chiamava BZ.
Di punto in bianco, Alex, il cantante, ci contattò e ci disse che non viveva più in Inghilterra visto che era molto deluso da come si erano messe le cose per quella scena, soprattutto dopo certi avvenimenti accaduti nel settembre del ’93 [si riferisce probabilmente alle ritorsioni che Alex subì dai suoi ex-camerati – NdR]. Credo che in quel momento abbia capito chi erano i suoi veri amici.
Ci chiese di fare qualche concerto con lui, poiché intendeva chiudere positivamente quella esperienza, facendo ammenda per il suo passato. Aveva ripudiato del tutto il razzismo ed era andato a vivere in Perù. Ecco perché il nome è cambiato da Battle Zone a BZ.
Abbiamo fatto qualche cover e riarrangiato dei loro vecchi pezzi. Con questa “nuova formazione” abbiamo fatto un po’ di date, inclusa una a Boston con i Klasse Kriminale.
Eri tu il batterista segreto dei First Strike? [trio Oi! multietnico, soggetto a numerose critiche per via dei testi conservatori e anticomunisti; l’identità del loro batterista non è mai stata rivelata, visto che nelle foto indossava un passamontagna e all’interno dei dischi veniva accreditato come Unknown Soldier, ovvero milite ignoto – NdR]
Per quanto mi ricordi, in quel gruppo hanno suonato diversi “militi ignoti”…
Le loro identità sono tuttora protette dal governo, che le considera informazioni strettamente riservate.
Come nativo newyorkese, come vedi il crossover tra Oi! e hip hop? Ci sono rapper che frequentano gli skinhead, e i componenti della formazione hip hop Madchild vengono dalla scena mod.
Sono nato e cresciuto a New York e ho visto queste cose prendere forma e svilupparsi sotto i miei occhi: provo rispetto per tutto ciò, così come per il messaggio originale.
Comunque, l’unico punto di contatto tra questi generi è il contesto in cui sono nati: si tratta, in ambo i casi, di proteste giovanili sotto forma di musica.
Al giorno d’oggi, entrambi i generi hanno perso in qualche modo la loro anima: il mumble rap è spazzatura, e il 90% dei gruppi “Oi!” o “street punk” – o comunque li vogliate chiamare – fa schifo.
Un tempo era piuttosto pericoloso essere uno skinhead o un punk. Oggi è in voga il revisionismo storico, e il look originale è stato distorto. Una volta, gli skinhead erano i nemici pubblici numero uno. La generazione attuale si è a dir poco ammorbidita.
Bolle qualcosa in pentola per i Templars? Ci sono altri tuoi progetti o collaborazioni in programma?
Al momento non sono previste collaborazioni, a meno che non venga contattato da gruppi di cui ho stima.
Per quanto riguarda i Templars, ci sono molte novità all’orizzonte: qualche split 45 giri, riedizioni di vecchi titoli fuori stampa, il secondo volume di Reconquista e un cofanetto di singoli che interesserà a molte persone, e ci saranno dei concerti sia negli Stati Uniti che all’estero.
Dopo 27 anni di live, credo che le cose rallenteranno un po’. Alcuni componenti hanno impegni familiari, e le condizioni piuttosto patetiche della scena attuale non sono certo un grande incoraggiamento.
Oggi come oggi, mi capita più spesso di fare il DJ che di suonare dal vivo [si riferisce alla sua attività di DJ reggae, che prende il nome di Legio SPQR – NdR].
Preferisco mettere dischi per gente che ha la mia stessa mentalità, piuttosto che essere circondato da internerds invidiosi che cercano di farsi notare raccontando cazzate sul mio conto.
Abbiamo letto che ascolti un sacco di prog rock e metal. Ci sono altri generi oppure altre gruppi musicali che segui, a parte quelli più scontati?
Ascolto il rock and roll, il freakbeat, il southern rock degli anni ’70 e il primo metal. Credo di essere attratto da qualsiasi genere che abbia delle percussioni potenti. Niente mumble rap né spazzatura country-western o hillbilly.
Si direbbe che tu sia piuttosto disinteressato alla politica. È sempre stato così, oppure il tuo disinteresse è aumentato con l’elezione di Trump?
È normale avere delle opinioni politiche, così come tenersi aggiornati su ciò che accade intorno a sé. Abbiamo canzoni con tematiche, opinioni e critiche politiche.
Siamo contro la politica e siamo sempre stati contro qualsiasi forma di intolleranza, così come contro il razzismo, ma questo dovrebbe essere ovvio per chiunque sia dotato di un minimo di cervello e abbia presente le persone che compongono la band.
A quanto pare, però, la gente è fottutamente stupida e si ostina a vedere le cose diversamente… Ma non è certo un mio problema se qualcuno ha un cromosoma di troppo.
La politica statunitense è una farsa, ed entrambi i partiti politici fanno veramente schifo.
Io non voto tanto per votare: voterò per chi presenterà dei programmi politici da me condivisi, e per i quali abbia rispetto. Al momento, mi avvalgo del diritto costituzionale di non votare, e va bene così.
Non rispetto né Trump né la Clinton né chiunque altro, in questo momento, si trovi sotto la luce dei riflettori. Trump è l’unico presidente la cui moglie appare nuda in rete. Non lo rispetto per niente.
Il mio consiglio è quello di interessarsi alla politica locale, perché in quel caso il voto ha un impatto immediato sulla comunità in cui vivi.
Ti va di parlare un po’ di calcio? A quanto pare ti piacciono sia il West Ham che il Leeds United! E poi… Gli americani sono la rovina del calcio?
Il West Ham è mia moglie, mentre il Leeds è la ragazza che vedo di tanto in tanto… Ho un debole per i ragazzi di Elland Road! [stadio del Leeds – NdR]
Sono cresciuto seguendo il calcio internazionale con mio padre, e la mia nazionale preferita è il Brasile. Guardare giocare Falcao, Zico e Socrates quando ero così giovane mi ha conquistato.
Per quanto riguarda l’ultima parte della domanda… No, la rovina del calcio è il calcio stesso: corruzione e scambi di denaro vanno sempre a discapito degli appassionati.
Il calcio era uno sport e un passatempo della working class, mentre ora è il giocattolo di sceicchi e miliardari russi che si sono stufati di andare in cerca di petrolio greggio.
A quanto pare, sei in grado di far incazzare contemporaneamente sia l’estrema sinistra che l’estrema destra. A parte le accuse e le voci che corrono in rete, sei mai stato minacciato o insultato di persona?
Non me ne potrebbe fregare di meno di chi faccio incazzare. Trovo divertente il fatto che un tizio nero di New York sia al centro di discussioni online.
Non m’importa di ciò che pensano gli idioti nazi o i coglioni hard left. A quanto pare, credono entrambi di sapere come si dovrebbe comportare un nero quando si trova tra persone bianche.
Non ho tempo da perdere con degli intolleranti che credono di sapere cos’è meglio per i neri, quando conoscono a malapena un paio di persone di colore e possiedono un CD di Bob Marley, e soprattutto non si sono mai ritrovati al posto di un nero che se ne va a vedere un concerto da solo.
Forse l’hard left dovrebbe preoccuparsi di più dell’hard right e di tutte le serate che quest’ultima organizza, invece che concentrarsi su una band multirazziale che non ha nulla da nascondere.
A volte mi viene il sospetto che alcuni di quei tizi ossessionati da noi siano in cerca di incontri romantici, quindi gli rispondo: «No, grazie, sto bene così».
Il nostro messaggio è stato chiaro fin dal principio, ma a quanto pare ci sono diverse persone in malafede. Roba da vigliacchi. Forse dovrebbero smettere di pubblicare selfie con tagli di capelli ridicoli e passare all’azione.
Lo stesso vale per i nazi. Non approcciatevi a noi perché «vi piace la band», quando fate stronzate del genere sembrate addirittura più stupidi. Se volete circondarvi di bianchi e fare cose da bianchi, allora continuate a essere bianchi e levatevi dal cazzo.
Non sono mai stato la vittima di nessuno, né sono mai stato insultato. Affanculo gli haters.
Quali dei nuovi gruppi Oi! consigli di ascoltare?
UltraSect, The Royal Hounds, The Take, Reconquesta, Bloody Gums.
Parlando di stile skinhead, quali sono le cose assolutamente da evitare?
Primo bottone della camicia allacciato, scarponi sporchi, ananas sulla pizza, barbe, risvolti troppo grossi sui jeans, coppole, cintura e bretelle portate insieme, andare ai concerti con i pantaloni della tuta, piercing facciali – a parte quelli su naso e orecchie – e tatuaggi di merda.
Le domande sono finite. Hai qualcosa da aggiungere?
Siamo felici quando ci capita d’incontrare gli amici che abbiamo conosciuto ai nostri concerti. Andiamo avanti esclusivamente per gli irriducibili e per i fan sfegatati. Le persone conosciute alle serate hanno un rapporto speciale con la band.
E quelli che parlano di noi senza davvero conoscerci, possono andarsene affanculo come al solito.
SFFS e KTF [acronimi, rispettivamente, di “Skinhead Forever, Forever Skinhead” e “Keep the Faith” – NdR]. Carpe diem e Acta non verba.
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