UK 82: la seconda ondata del punk britannico
Dai Blitz agli Exploited, passando per i Discharge: Alessandro di Moriarty Graphics ci parla dell’ondata punk dei primi anni ’80
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Dal punk ’77 allo UK 82
Dall’impianto stereo esce una musica veloce, grezza e sguaiata, che ricorda il punk della prima ondata, ma dal quale si differenzia in quanto a potenza, ritmo, rozzezza, violenza e disperazione.
In questo contesto, sex and violence vanno spesso a braccetto: si tratta di una coppia vincente e quasi automatica, come alcol e sigarette durante una lunga sbornia.
I protagonisti dello UK 82 sono orgogliosamente antisociali, e si fanno carico di una connotazione fortemente antisistema e decostruzionista. Sono, inoltre, gli eredi legittimi del no future della generazione precedente, che viene però portato a conseguenze più estreme.
Ci troviamo di fronte alla seconda ondata del punk, che viene di volta in volta definita “British hardcore” o “street punk”, oppure con l’etichetta onnicomprensiva “UK 82”: si tratta di una grande caldera vulcanica, che racchiude i fluidi magmatici provenienti dalle sottoculture punk e skinhead, così come si manifestavano allora.
Il periodo di riferimento è quello che va grossomodo dal 1980 al 1984, con l’82 a fare da fulcro: a consacrare la centralità di quell’anno e a dare un nome alla nuova ondata punk vi fu il pezzo UK 82 degli Exploited, incluso nel loro album Troops of Tomorrow.
Come tutte le seconde ondate che si rispettino, lo UK 82 assaltò più ferocemente i propri avversari, pur ripercorrendo – almeno in parte – la strada spianata dal meno pessimista punk ’77.
L’intento è quello di colpire tutto e tutti, con furia e senza aspettative: in effetti, le band UK 82 sono spesso poco propositive e hanno, in sostanza, un atteggiamento piuttosto nichilista. Il loro pensiero può spesso essere riassunto in questa maniera: «Se proprio devo morire, è importante che tu lo faccia con me».
Caratteristiche dello UK 82
Rispetto al punk 77, lo UK 82 presenta spesso un drumbeat potente e martellante, un basso più enfatizzato e una voce più marcata, nonché forti distorsioni di chitarra, che fanno richiamo ai gruppi della new wave of British heavy metal – e soprattutto ai Motörhead e ad altre band affini – fino a giungere, in qualche caso, a una certa somiglianza con il metal più pesante.
Ascoltando i dischi dell’epoca, non si può fare a meno di notare come questi, spesso, abbiano un suono più sporco e “impastato” rispetto al punk ’77. Questo cambiamento è frutto, talvolta, di scelte più o meno consapevoli, come il rifiuto di eccessivi tecnicismi e la spontaneità e immediatezza delle sessioni di registrazione.
Vi sono, poi, dei fattori materiali, come la tipologia e la qualità delle strumentazioni che in quegli anni avevano a disposizione le sale d’incisione, così come la scarsità di mezzi delle etichette indipendenti e dei piccoli produttori.
Se autoproduzioni e produzioni indipendenti avevano avuto qualche rilevanza anche in epoca punk ’77, ora passano in primo piano: è inevitabile pensare che si tratti, almeno in parte, della conseguenza di quanto fecero, a partire dal ’78, realtà anarco-punk come i Crass e la loro Crass Records.
Si registra, infatti, un fiorire di piccole etichette – No Future Records, Secret Records, Clay Records, Fallout Records, Riot City Records, ecc. – e vi è inoltre una maggiore tendenza a ricercare e a creare i propri spazi – posti in cui suonare e squat in cui vivere – emancipandosi dalle autorità, dalle istituzioni, dalla famiglia e dalle convenzioni sociali.
Come abbiamo già spiegato nell’articolo dedicato al telefilm The Young Ones, il governo di Margaret Thatcher – con la sua politica neoliberista, favorevole al capitalismo più selvaggio – aveva sfiancato la working class, disgregato la società e annichilito la gioventù delle classi subalterne.
Rispetto al passato, una fetta più ampia della scena punk e skin s’interroga sulle regole sociali e sull’opportunità di abbatterle, magari insieme allo Stato, che viene spesso visto come il nemico supremo.
Di conseguenza, non solo la musica punk adotta sonorità più brutali, ma anche i testi diventano più crudi ed espliciti rispetto al passato, e talvolta più politicizzati: si nota, da un lato, una maggiore attenzione alla vita di tutti i giorni, e dall’altro una propensione a parlare di argomenti come la disoccupazione e le già menzionate politiche governative, fino a toccare tematiche cupe e apocalittiche, come l’olocausto nucleare e la fine dell’umanità, o quantomeno della società così come la conosciamo.
Punk e skinhead degli anni ’80
All’inizio del decennio, il look punk si fa ancora più estremo: le acconciature dei punk rocker della prima generazione – che erano già di per sé aggressive e volutamente antiestetiche, almeno secondo i criteri comuni – vengono spesso abbandonate in favore degli spikes e del mohawk. Questi tagli, in effetti, la fanno da padroni, e sono sempre più colorati ed estremi.
Sono ormai in via di disuso pure completi, giacche, cravatte e camicie, ovvero gli indumenti che i primi punk indossavano nell’intento di stravolgerne il significato originario, che veniva associato alle classi dominanti. Questo sconvolgimento avvenne tramite la ricontestualizzazione di indumenti e accessori, nonché alle loro modifiche, che consistevano in strappi, scritte e guarnizioni di vario genere.
I punk dei primi anni ’80, invece, adottano indumenti più fascianti, laceri e scuri, come jeans o pantaloni di pelle attillati, nonché abiti paramilitari. C’è una spiccata predilezione per le t-shirt e per gli scarponi grossi e rinforzati, mentre vengono spesso messi da parte i capi d’abbigliamento riconducibili alla generazione punk precedente, come ad esempio le scarpe clipper.
Dal punto di vista estetico, si nota – per certi versi – una maggiore somiglianza dei nuovi punk con i vecchi rocker: la giacca più usata è infatti quella di pelle di tipo “Perfecto” o “chiodo”, spesso modificata tramite l’aggiunta di decorazioni come scritte, spille, toppe e borchie, secondo un approccio tipicamente Do It Yourself.
La destrutturazione del look rocker e l’inserimento di certi suoi elementi in un nuovo contesto contribuisce a dare al look punk un taglio più tetro, aggressivo e antisociale.
Si registra, inoltre, un maggiore tribalismo, derivante dall’accresciuto desiderio di appartenere a un gruppo sociale – in questo caso, sottoculturale – e da ciò proviene forse la maggiore diffusione dei tatuaggi, soprattutto tra gli skinhead.
Anche se oggi, fatti salvi i casi più estremi, difficilmente i tatuaggi possono essere considerati scioccanti, va ricordato che, negli anni ’80, questi erano ancora poco diffusi, ed erano spesso prerogativa di particolari categorie sociali. Se il classico tatuaggio sul braccio – in uso anche in epoca skinhead original – era ampiamente accettato, un maggiore impiego di questo tipo di modificazioni corporee subiva ancora un forte censura, soprattutto nel caso dei tatuaggi facciali.
Anche se, nei primi anni ’80, molti skinhead tendono a rimarcare, sia stilisticamente che musicalmente, le proprie origini, un gran numero di teste rasate raccoglie invece l’eredità di quella parte della scena skin che, nella seconda metà degli anni ’70, era stata influenzata pesantemente dal punk.
Naturalmente, non tutte le teste rasate interessate al punk rock ne subiscono l’influenza anche a livello estetico, ma una parte della scena si rifà comunque al look dei cosiddetti “punk rasati” di fine anni ’70, facendolo evolvere ulteriormente.
L’aspetto di questi skin è particolarmente duro e aggressivo – in altre parole: da combattimento – grazie all’adozione di capi d’abbigliamento più aderenti, a un maggiore impiego del bomber – che pure aveva avuto qualche diffusione anche negli anni ’60 – nonché dei jeans svarecchinati e delle t-shirt, che vengono preferite alle classiche camicie button down. Ci sono poi altri dettagli, come la rasatura a zero e il risvolto dei jeans molto alto, che mette in mostra scarponi che vanno ben oltre i canonici 8 buchi di fine anni ’60.
Proseguendo la contrapposizione che si era creata durante il revival skinhead degli anni ’70, gli skin influenzati dal punk vedono spesso gli skinhead tradizionalisti come dei mod, mentre dal canto loro quelli che si rifanno al look original danno del “punk rasato” o del “bonehead” a chi preferisce un aspetto più duro e meno elegante.
Naturalmente, questa distinzione non va presa troppo alla lettera – non mancano, infatti, sfumature tra le due tendenze – ma è comunque qualcosa di cui va tenuto conto, anche perché il contrasto tra i due indirizzi non è puramente estetico, ma riguarda pure altri aspetti, come le preferenze musicali: se gli skin tradizionalisti possono difficilmente ignorare una realtà ormai consolidata come il punk, i cosiddetti “punk rasati” fanno spesso a meno dei generi storicamente collegati alla sottocultura, come il soul, lo ska e il reggae.
Questa disconnessione dalle origini avrà molteplici conseguenze, tra le quali una maggiore propensione ad avvicinarsi – anche a causa della crisi economica e sociale – alle organizzazioni di estrema destra, che sono interessate a strumentalizzare gli skinhead, a dispetto delle radici multietniche della sottocultura.
Classificazione delle band UK 82
Come già accennato, il termine “UK 82” non intende designare una scena omogenea – né dal punto di vista stilistico né da quello musicale – ma è piuttosto un’etichetta di comodo che racchiude le realtà punk – spesso molto diverse tra loro – attive nel Regno Unito in un determinato periodo storico. Si tratta, in ogni caso, di risposte – sia pure differenti – al medesimo clima politico, economico e sociale.
Ci sembra opportuno, a questo punto, presentare una classificazione di massima dei maggiori filoni dello UK 82, che abbiamo effettuato in base all’attitudine, all’estetica, alla musica e ai testi delle formazioni prese in considerazione, ovvero: “band street punk”, “band dissacranti” e “band politicizzate”.
Siamo consapevoli, naturalmente, del fatto che qualsiasi operazione del genere hai i suoi limiti, e che la suddivisone in tre filoni distinti non va presa alla lettera, visto il suo carattere puramente esemplificativo, pensato soprattutto per chi è a digiuno dell’argomento.
In effetti, i confini tra i sottogruppi da noi individuati sono talvolta molto labili, tanto che diverse band avrebbero potuto benissimo essere ricomprese in più di un sottogruppo dello UK 82: tanto per dirne una, abbiamo incluso i Blitz e gli Attak di New Mills tra i gruppi street punk, ma vista la loro adesione più o meno esplicita al pensiero anarchico avremmo potuto ricomprenderli pure nel filone politicizzato.
Questa puntualizzazione sulla flessibilità delle categorie da noi utilizzate riguarda pure il piano musicale: gli Exploited – che molti, inizialmente, consideravano un gruppo Oi! – si evolsero nel tempo in direzione metal e UK hardcore, mentre i già citati Blitz assorbirono negli anni significativi influssi new wave, a discapito dello street punk degli esordi.
Prima di passare alla classificazione, facciamo un’ulteriore premessa: non necessariamente le band menzionate si sono formate nei primi anni ’80, dato che alcune di queste – come ad esempio gli Adicts – erano attive anche in precedenza. Tuttavia, è proprio nel corso dell’ondata UK 82 che questi gruppi assunsero forse una maggiore rilevanza, e pertanto, se li avessimo ignorati, il quadro della scena di quel periodo sarebbe stato sicuramente meno esauriente.
Band street punk
Queste formazioni adottano sonorità Oi! o comunque prossime all’Oi!, e sono pertanto poco influenzate dall’heavy metal e più vicine al primo punk. Tuttavia, con il passare del tempo, in alcuni di questi gruppi si registrerà una maggiore influenza proveniente dal sempre più popolare hardcore britannico.
Per quanto riguarda gli aspetti stilistici, vi sono spesso skinhead o herbert in formazione, così come punk, mentre i testi sono molto orientati sulla vita quotidiana, sull’oppressione poliziesca, sul disagio giovanile e sull’opposizione alle politiche governative.
Quest’ultimo punto può svilupparsi in diversi modi: talvolta c’è una vera e propria politicizzazione, ma nella maggior parte dei casi non si va molto al di là dell’enfasi sull’appartenenza di classe, oppure di proteste generiche e poco propositive, caratteristica, questa, ereditata dai precedenti gruppi Oi!
Tra i principali esponenti del filone street punk citiamo i Crux, i Business, gli Adicts, i 4-Skins, i Cockney Rejects, gli Attak, gli Ejected, i Violators, i Blitz, gli Infa Riot, i Red Alert, i Cult Maniax, i Partisans, i Vice Squad, gli External Menace e i Major Accident, ma l’elenco potrebbe continuare.
Band dissacranti
Queste formazioni rappresentano forse il cuore dello UK 82, o almeno la sua faccia più nota. I testi sono aggressivi e provocatori ed esaltano l’opposizione nei confronti di tutto e tutti, mentre le musiche abbandonano spesso il classico mid-tempo in favore di ritmi forsennati, in stile hardcore, e talvolta si aprono agli influssi metal. Il risultato complessivo del loro approccio – estetico, musicale e di mentalità – è potente e scioccante.
Soltanto alcuni gruppi hanno una connotazione politica ben definita. I testi – pur rimanendo crudi e dissacranti – possono assumere caratteristiche differenti, in qualche caso raccogliendo la vena ironica e talvolta nonsense di formazioni più vecchie, come ad esempio dei Peter and the Test Tube Babies.
Tra gli alfieri del filone, citiamo GBH, One Way System, Anti-Nowhere League, English Dogs, Court Martial, Picture Frame Seduction, Blitzkrieg, Dogsflesh e, ovviamente, gli scozzesi Exploited, che sono tra le band più rappresentative dell’intera ondata UK 82.
Band politicizzate
Questo sottogruppo racchiude le formazioni più influenzate dal metal e dal D-beat, ovvero dal particolare stile hardcore sviluppato dalle band che si rifacevano al suono e all’attitudine dei Discharge.
L’identità politica di questo filone si rifà al pensiero antiautoritario e anticapitalistico, e ha spesso una connotazione apertamente anarchica. Per quanto attiene all’estetica, lo stile è particolarmente aggressivo e decadente.
Tra le band più rilevanti, menzioniamo ovviamente i Discharge, e poi i Subhumans, i Varukers, i Flux Of Pink Indians, i Disorder, gli Skeptix, i Chaos UK, gli Amebix, i Death Sentence, i Fits, gli Antisect e i Conflict.
Conclusioni
Ciò che maggiormente colpisce dello UK 82 è forse l’ampia adesione al punk di una gran quantità di ragazzi – siano essi punk, skinhead o herbert – di cui abbiamo già evidenziato la bellicosità e la carica antisistema, talvolta condita da un pizzico di ironia.
L’Occidente sta oggi vivendo un periodo particolarmente grigio: in Italia, così come nel resto d’Europa, la gioventù è ridotta all’osso a causa del basso tasso di natalità, ed è inoltre impoverita, priva di prospettive e schiacciata dalle generazioni antecedenti, in altre parole marginalizzata e sotto certi aspetti segregata.
Nonostante ciò, non ci sembra che il punk ne risulti rafforzato – come invece avvenne per lo UK 82 – e anzi i suoi aspetti più conflittuali sono spesso nascosti o svuotati dei propri contenuti dall’esposizione mediatica, che preferisce esaltarne le caratteristiche più innocue, anche al fine di una sua maggiore commercializzazione.
Inoltre, non si scorge all’orizzonte la nascita di una nuova scena – musicale, sottoculturale o controculturale – che sia in grado di contrastare le tendenze politiche ed economiche in atto, come invece avvenne in Gran Bretagna con la seconda ondata punk.
Vogliamo quindi pensare allo UK 82 e ai ragazzi che ne fecero parte come all’ultimo e romantico baluardo di certe battaglie, nella speranza che le nuove generazioni riescano finalmente a creare qualcosa di analogo, ma non imitativo né necessariamente simile, visto che i tempi che viviamo presentano nuove sfide, probabilmente più dure rispetto a quelle che dovettero affrontare i kids degli anni ’80.
Appendice – Film sullo UK 82
Presentiamo, di seguito, alcuni film e documentari dedicati allo UK 82 o ad altri fenomeni attinenti, come il movimento squatter e le infiltrazioni di destra nella scena skinhead.
Made in Britain (1982)
Film televisivo di Alan Clarke, incentrato su un giovane skinhead razzista, Trevor (Tim Roth). La colonna sonora include UK 82 degli Exploited. Leggi la nostra recensione di Made in Britain.
UK/DK: A Film About Punks and Skinheads (1983)
Documentario di Christopher Collins con interviste e riprese dal vivo di band come i Vice Squad, gli Exploited, gli Adicts e altri ancora.
Islington Squatter Punk (1983)
Documentario sugli squatter di Islington, borgo settentrionale di Londra. Su questo film esistono, purtroppo, poche informazioni.
The Destructors (1983)
Breve documentario sui Destructors di Peterborough, diretto da Charles Joy.
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Testo e immagine di copertina del post sono opera di Alessandro Aloe. Il post è stato pubblicato il 20 febbraio 2019 e aggiornato il 30 novembre 2020.
4 commenti su “UK 82: la seconda ondata del punk britannico”