Il film Meantime (1983)
Letizia Lucangeli (Immagini dal Sud del Mondo) recensisce Meantime di Mike Leigh, con Tim Roth, Gary Oldman e Phil Daniels.
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Recensione del film
A distanza di circa un anno dalla superba interpretazione del bonehead sedicenne Trevor nel film Made in Britain, per la regia di Alan Clarke, Tim Roth torna in periferia nel 1983 con Mike Leigh, uno dei maestri del cinema britannico contemporaneo, per indossare i panni e la personalità di Colin in Meantime.
Come Made in Britain, anche Meantime è un film per la TV, e ha partecipato al London Film Festival del 1983 e al Festival di Berlino del 1984.
Il personaggio Colin può essere considerato a buon diritto l’opposto di Trevor: smessa la tracotanza di quest’ultimo, Tim Roth raffigura attraverso una vera e propria metamorfosi caratteriale e di immagine questo ragazzo insicuro, vittima di una famiglia disfunzionale che vive in un caseggiato popolare dell’East End londinese.
L’ambiente in cui si muovevano i personaggi di Made in Britain era un claustrofobico dedalo di uffici dell’assistenza sociale. Le numerose scene girate all’aperto contribuivano paradossalmente ad accrescere la sensazione di restringimento dello spazio, suggerendo una mancanza di vie di fuga esistenziali.
In Meantime, invece, il senso di limitazione è creato soprattutto dall’uso dei primi piani estremamente ravvicinati e dalla contrapposizione tra l’ambiente popolare in cui vivono Colin e la sua famiglia e le rare incursioni nel cottage borghese della zia materna dei ragazzi.
In entrambe le situazioni è presente infatti un senso tangibile di disagio che non dipende solo dallo status socioeconomico dei protagonisti, ma da una manifesta assenza di educazione emotiva.
Colin, dall’andatura incerta, gli occhiali spessi, l’abbigliamento trasandato e una smorfia perenne sul volto che gli dà un’aria a metà tra lo stupore e l’incapacità di comprensione della sua stessa sofferenza, è al centro delle dinamiche disfunzionali di una famiglia che vive di sussidio statale.
La madre è una donna incattivita sulla quale sembra che la disillusione si sia stratificata per secoli, costruendo una corazza inespugnabile; il padre, un frustrato invidioso del benessere degli altri; il fratello maggiore Mark (Phil Daniels), che vive di espedienti ma aspira al grande colpo e che ha instaurato con Colin un singolare rapporto di competizione e istinto protettivo.
In questo ambiente, Colin cerca di dibattersi come può, guidato da una strana luce in fondo agli occhi, combattuto tra un perenne senso di inadeguatezza con se stesso, le donne e il mondo circostante e l’ammirazione nemmeno troppo segreta per uno dei personaggi del quartiere, Coxy, uno skinhead dai comportamenti comici e infantili, terribilmente solo e mirabilmente interpretato da Gary Oldman al suo esordio in un film televisivo.
Le uniche persone che cercano di dimostrare davvero dell’affetto per Colin in mezzo a questa umanità desolata sono Hayley, una ragazza bella e triste dalla cui espressione si intuisce una condizione personale dolorosa che però non viene mai svelata, e la zia materna Barbara.
Quest’ultima, perfetta creatura thatcheriana, offre a Colin un lavoretto temporaneo, nell’ottica luterana dell’occupazione e del guadagno come uniche forme ammissibili di nobilitazione.
Il ruolo delle donne in questo film, sia nelle parti principali che in quelle secondarie, è del tutto decisivo: il regista Mike Leigh, infatti, ha basato molta della sua produzione cinematografica sulle figure femminili.
Un sicuro indizio dell’acutezza con cui Leigh affronta il tema sociale in Meantime, a differenza di quanto è accaduto in molta cinematografia britannica che ha analizzato l’epoca thatcheriana soprattutto ex post, risiede nella capacità del regista di non dipingere le classi sociali subalterne come un simpatico gruppo di persone buone e generose.
I poveri ritratti da Leigh in questo film sono crudeli e spregevoli, incapaci di guardare al di là dell’interesse immediato, risucchiati da un senso di vuoto, in un’esistenza passata tra sigarette, pub e code allo sportello dell’assistenza sociale.
Leigh apre spesso squarci di quotidianità fatti di sale bingo affollate di donne silenziose e lavanderie automatiche, edifici in disfacimento e agenzie di scommesse, anonimi canali bordati di erba selvatica e gabbiotti squadrati delle portinerie, non luoghi distanti anni luce dalla metropoli, corpi estranei cresciuti senza controllo e fotografati come dotati di vita propria.
Questo realistico ritratto è naturalmente conseguenza dei tempi spietati del liberismo, la cui onda lunga è percepibile ancora oggi, se possibile in maniera ancor più esasperata e senza scampo.
Un altro elemento della raffinata analisi di Leigh è riscontrabile nel blando razzismo di Colin, sicuro portato di una guerra tra poveri combattuta senza sosta nelle periferie e non certo di una sovrastruttura ideologica di qualche tipo.
Lo stesso Coxy, lo skinhead con cui Colin sviluppa un bizzarro rapporto di amicizia, si attesta su posizioni analoghe, ribadendo quasi stancamente il suo essere bianco in un quartiere fatiscente in cui poco vale l’appartenenza etnica, se in fin dei conti si è tutti straccioni.
Il talento interpretativo di Tim Roth si rivela ancora più evidente, in Meantime: Colin è un personaggio che cresce man mano che il film avanza, permettendo un processo graduale di identificazione dello spettatore poiché il ragazzo, solo apparentemente sfigato, è in realtà saldissimo e persegue una sua idea di purezza in modo oscuro ma incrollabile.
Ultima nota riservata alla colonna sonora: il punk rock o l’Oi! sarebbero aspettative naturali, come commento sonoro di un film ambientato tra i palazzoni dell’East End.
Leigh, invece, sceglie una musica del compositore di colonne sonore Andrew Dickson, dall’aria tra il folk e il seicentesco, che crea un curioso contrasto con la narrazione.
In conclusione, Meantime è chiaramente riconoscibile come prodotto di uno dei maestri del cinema britannico, che mostra senza pietismi e con grande, naturale poesia le condizioni della classe lavoratrice, non rinunciando a una vena sottilmente e amaramente umoristica, ben rappresentata dall’espressione solo in apparenza sperduta del volto di Colin.
Guarda Meantime!
Il film Meantime è disponibile su YouTube in lingua originale, ma senza sottotitoli in italiano.
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