Carla Thomas

Stax Records, l’etichetta soul di Memphis

Lo strumento è l’unico tono che conta: Letizia Lucangeli racconta la storia della casa discografica fondata da Jim Stewart ed Estelle Axton.

Stax Museum of American Soul Music

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Storia della Stax Records

Nel film del 1978 The Buddy Holly Story, il regista Steve Rash racconta gli esordi e il successo del grande musicista texano, a detta di molti il vero genio bianco del rock and roll, che se non fosse scomparso prematuramente in quel modo così ingiusto e stupido avrebbe dato del filo da torcere a Elvis Presley, musicista eccelso e grande amante delle musica nera, che purtroppo ha sofferto durante la sua carriera le conseguenze di uno sfruttamento commerciale della sua musica e della sua immagine che non hanno mai reso giustizia alla sua grandezza.

La storia di Buddy Holly è narrata con toni quotidiani e antieroici ed è pervasa da una tale malinconia e struggente tenerezza che non si può non pensare a questa piccola perla cinematografica se si vuole far conoscenza con la storia della Stax Records.

Logo originale della Stax Records

Le origini: la Satellite Records

Il Sud degli Stati Uniti è un luogo magnetico e controverso: la musica più affascinante e oscura del ventesimo secolo, il blues, poteva nascere solo in questi paesaggi assurdi, in villaggi e città spesso isolati da tutto, punteggiati di edifici e chiesette il cui nitore nordeuropeo contrasta brutalmente con foreste intricate e distese riarse.

In questo ambiente estremo, scenario della schiavitù e della segregazione razziale dopo la guerra di Secessione, le storie di musicisti, forzati, delinquenti e impresari si sono fuse insieme, lasciando una traccia indelebile nella cultura popolare americana ed entrando nell’immaginario collettivo di noi europei, regalandoci qualcosa di mai visto e ascoltato prima.

Memphis, Tennessee, è insieme a Nashville una delle capitali della musica popolare tradizionale, conosciuta con la definizione di country music Americana.

Jim Stewart è un appassionato violinista country. Nella musica tradizionale statunitense, fiddle è il nome che si attribuisce al violino, per distinguerlo dal violin delle esecuzioni classiche.

Jim Stewart (Stax Records)
Jim Stewart nel suo ufficio. © Stax Records.

Lo strumento è arrivato negli USA al seguito delle famiglie di coloni scozzesi e irlandesi stabilitesi attraverso le varie ondate migratorie nei nuovi, inospitali territori della Seconda Frontiera: Appalachi e, appunto, stati del Sud. Grazie alla sua competenza in fatto di musica popolare, Jim fonda nel 1957 a Memphis la Satellite Records.

L’embrione della Stax è contenuto in questa piccola etichetta con annesso negozio di dischi, in un quartiere povero e abitato prevalentemente da famiglie afroamericane. Jim è un cittadino americano WASP: White, Anglo-Saxon, Protestant.

Egli appartiene quindi all’élite di un piccolo ambiente di provincia, in un’epoca in cui i grandi mutamenti sociali che di lì a poco attraverseranno tutto il mondo fanno timidamente capolino anche nel monolitico Sud.

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Nel bel documentario Respect Yourself: The Story Of Stax Records (2007), il tecnico Tom Dowd, che lavorava per la grande etichetta Atlantic Records, ricorda il suo primo impatto con la realtà di Memphis:

Quando sono venuto quaggiù – abituato com’ero alla vita di New York – mi sembrava di essere tornato indietro di quindici, vent’anni. La gente qui viveva in una specie di piccolo mondo a parte, ed era come se crescesse in una realtà che apparteneva già al passato.

In questa provincia immobile del Tennessee, l’apporto di Jim Stewart e ancora di più della sorella Estelle Axton sarà determinante non solo per la nascita e lo sviluppo di un’etichetta influente e dal sound inconfondibile, ma soprattutto per il contributo al cambiamento culturale di quella zona del Sud.

Estelle Stewart, sposata Axton, è un’impiegata di banca che, coinvolta dal fratello nei piani di crescita della compagnia, investirà considerevolmente nello sviluppo della Satellite, ipotecando addirittura la propria abitazione e permettendo così alla società l’acquisto della prima console di registrazione.

Nelle interviste e nelle foto dell’epoca, Estelle appare sempre inappuntabile, coi capelli laccati e camicette a righe verticali inamidate: un signora borghese del Sud, rigorosa e granitica.

Logo della Stax Records

Gli anni d’oro

Il sound dell’etichetta resterà country per circa un anno, precisamente fino all’incontro tra Jim Stewart e Chips Moman, che lo introdurrà al rhythm and blues; il cambio di rotta definitivo, tuttavia, arriverà nel 1960, quando Jim incontrerà il dee-jay e musicista Rufus Thomas, che insieme alla figlia Carla inciderà per la Satellite ‘Cause I Love You, le cui vendite arriveranno a quarantamila copie.

Parlando di quell’inizio coraggioso e del suo incontro con la vera musica nera, Jim Stewart si riferirà a se stesso come a «un cieco che improvvisamente riacquista la vista».

Rufus Thomas e le nuove acquisizioni imprimeranno l’inconfondibile stile southern soul alla Satellite, la cui filosofia (che influenzerà anche la successiva Stax) è del tutto innovativa e non  confinata all’ambiente strettamente musicale.

Estelle Axton sosteneva, in un’intervista realizzata per Respect Yourself : «Non badavamo al colore, ma alle persone».

In una città e uno Stato ancora rigidamente segregazionisti, i fratelli Stewart/Axton danno il via a una piccola, coraggiosa, significativa rivoluzione. Il sottotesto che percorre l’intera storia della Satellite/Stax è ancora più interessante del testo principale, che molti conoscono, e ancora più meritevole di essere narrato.

Segregazione razziale negli USA
Mappa della segregazione scolastica prima della sentenza Brown contro l’ufficio scolastico di Topeka, emessa dalla Corte suprema degli Stati Uniti d’America nel 1954. Fonte: Wikipedia.

L’intraprendenza e l’apertura mentale di Jim e soprattutto di Estelle, che possiede uno straordinario intuito per la musica di qualità con potenziale commerciale, spingono l’etichetta a giudicare i musicisti non dal colore della pelle, ma dal talento, dalla professionalità e dallo stile. Questi saranno gli unici criteri di giudizio che guideranno le scelte della compagnia.

Un ulteriore indizio della carica innovativa del pensiero e delle iniziative di Estelle è riscontrabile nell’idea di ottenere all’interno dell’ormai consolidato negozio di dischi Satellite Record Shop un piccolo spazio per la nuova etichetta Stax (nome ricavato dalle iniziali di Stewart e Axton).

Chiunque può entrare ed ascoltare la nuova musica proposta dalla label: l’ingresso è aperto a tutti senza barriere razziali. In poco tempo, questo posto nuovo e accogliente diviene uno dei punti di riferimento del quartiere. Durante l’estate, Estelle fa sistemare appena fuori dal negozio, accanto alla porta d’ingresso, una cassa amplificata che riproduce il suono dei dischi proveniente dall’interno.

In uno dei bellissimi video d’epoca di cui il documentario Respect Yourself è pieno, si vede questo posto, la classica strada di qualsiasi piccola città del Sud con palazzine di mattoni rossi imitazione Tudor e il piccolo negozio di dischi con dei ragazzini neri che accennano passi di danza sul marciapiede, al suono miracoloso dell’amplificatore.

Questa immagine, che viene da un tempo lontano, è ancora intatta di vita, di bellezza e di innocenza, cristallizzate per sempre in quell’attimo.

Booker T. Jones, artista Stax componente della band interrazziale Booker T. & the M.G.’s: «Prima di allora, dovevo guidare per venti minuti almeno per trovare il primo negozio di dischi della zona, e tutto quello che trovavo era solo musica country».

Booker T. & The M.G.'s
Booker T. & The M.G.’s. © Stax Records.

Il rispetto per i musicisti è totale, alla Stax, ed è corroborato da un dialogo costante e sempre aperto. L’apertura alle proposte e alle idee degli artisti contribuirà a creare il sound roots e al contempo sofisticato che gli appassionati di soul e rhythm and blues ben conoscono e amano e permetterà ai musicisti di non perdere mai il contatto con il presente.

Jim ed Estelle, inoltre, si avvalgono di un direttore commerciale coraggioso e capace, Al Bell, un afroamericano che lavora gomito a gomito con Jim senza mai percepire alcun tipo di atteggiamento condiscendente o paternalistico da parte dei fratelli Stewart, semplicemente perché gli Stewart non sono razzisti.

Gli artisti Stax sono tutti dotati di stili e personalità spiccati e molto definiti; molti di essi hanno alle spalle storie difficili, come la maggior parte degli afroamericani.

Isaac Hayes, diventato una stella del rhythm and blues, era un neighborhood kid, ha trascorso un’infanzia da orfano, spesso dormiva in macchina e considerava sua nonna come la figura più importante della sua vita.

Isaac Hayes
Isaac Hayes, al centro, festeggia il successo dell’album Hot Buttered Soul (1969) insieme ad Al Bell e Jim Stewart della Stax. Foto di Michael Ochs.

Come spesso accade nelle complicate esistenze dei neri cresciuti in periferia, le figure genitoriali sono assenti, anche se spesso ancora in vita. Le nonne si prendono cura di nipoti che crescono come figli, perpetuando una tradizione africana che conferisce agli anziani il ruolo di figure “curatrici” e centrali nella comunità.

Quando Isaac Hayes raggiungerà il successo definitivo grazie alla realizzazione, negli anni ’70, della colonna sonora del celebre film di genere blaxploitation Shaft il detective (1971), con protagonista un detective afroamericano fico e pieno di stile, dedicherà l’Oscar vinto per la miglior colonna sonora proprio a sua nonna, scomparsa da poco, della quale l’artista parla con una dolcezza infinita.

Isaac Hayes - Shaft - Music from the Soundtrack

Altrettanto originali e innovativi sono i metodi di lavoro in vigore alla Stax, e questo elemento attrae presto l’attenzione della Atlantic Records: la maggior parte delle etichette all’epoca affittava uno studio di registrazione, un arrangiatore e dei turnisti. Tutto era programmato al minuto ed esisteva una forte relazione tra ciò che avveniva in studio e la stanza di controllo.

Tutto ciò, alla Stax non accade: le sessioni di registrazione non hanno una durata fissa ma sono tarate sulle esigenze dei musicisti; i musicisti stessi sono liberi di spostarsi a proprio piacimento tra lo studio e la stanza di controllo e tutti sono liberi di fornire suggerimenti e contributi, lasciando molto spazio all’improvvisazione.

Lo studio di registrazione in sé, inoltre, è un ulteriore fattore di successo della Stax, nonché un’altra di quelle peculiarità che rendono questa label profondamente umana.

Situato al 926 East di McLemore Avenue, è accompagnato dal seguente slogan:

Al 926 East McLemore dimenticatevi il tono della pelle: qui l’unico tono che conta è quello del vostro strumento!

Lo studio era in realtà un cinema riconvertito, che presentava ancora il tipico pavimento in pendenza della platea. Questo squilibrio creava un’anomalia acustica chiaramente udibile nelle registrazioni, che regalava ai brani un suono allo stesso tempo corposo e ruvido.

Rob Bowman, storico della musica soul, sostiene che, proprio grazie a questa caratteristica distintiva, i fan potevano riconoscere già dalle prime note se un disco era stato registrato alla Stax.

Gli anni dal 1962 al 1968 sono costellati da successi pressoché infiniti, tanto più se si considerano i nomi che si avvicendano nello studio di McLemore Avenue: Sam and Dave, Carla Thomas, Wilson Pickett, i già citati Isaac Hayes e Booker T., David Porter ma soprattutto il più grande di tutti: Otis Redding.

Autore di These Arms Of Mine, (I Can’t Get No) Satisfaction (brano-simbolo della British Invasion nella versione dei Rolling Stones), Respect (che diverrà celeberrima con Aretha Franklin) e soprattutto della meravigliosa I’ve Been Loving You Too Long, Redding scrive quasi tutti i suoi brani, costituendo un precedente più unico che raro, e la sua voce diventa l’emblema della musica soul.

La figura bella e struggente di Otis Redding è legata in modo doloroso a quella di Buddy Holly da una fine ingiusta: Otis, come già Buddy, morirà in un incidente aereo nel 1967, in una notte di dicembre, nel gelo del Wisconsin.

Otis Redding
Otis Redding, fotografia promozionale del 1967. Fonte: Wikipedia.

La Stax Records e il movimento dei diritti civili

Il sottotesto ricorre come un fiume carsico, nella storia della Stax: tutti gli anni ’60 sono un periodo decisivo per la conquista dei diritti civili degli afroamericani, e Memphis in particolare è teatro dell’omicidio di Martin Luther King, ucciso il 4 aprile 1968 mentre si trovava in città per sostenere il lungo sciopero dei lavoratori della nettezza urbana, che chiedevano salari e condizioni occupazionali migliori ed erano nella stragrande maggioranza neri.

L’intreccio tra la vita degli artisti Stax e le lotte per i diritti civili è strettissimo e inestricabile: la disperazione e l’impotenza dopo l’assassinio di King travolgono tutti: «Niente è più come prima», sostengono all’unisono i musicisti e gli stessi dirigenti dell’etichetta.

La marcia su Washington del 1963
La marcia su Washington per il lavoro e la libertà del 28 agosto 1963.

L’innocenza è finita. Niente di sorprendente se in seguito la lotta si radicalizzerà con con Malcolm X e le Pantere Nere.

Lo sguardo di Estelle Axton che parla di questo episodio è sintomatico di come questa donna sia stata coerente con se stessa e con gli altri per tutta la vita: il suo dolore è esattamente lo stesso che si legge negli occhi dei suoi musicisti.

Dopo il 1968, la Stax perde alcuni dei suoi artisti di punta per colpa di complicate operazioni aziendali che coinvolgono soprattutto il suo rapporto con la Atlantic Records.

Carla Thomas
Nel 1972, Carla Thomas si esibisce in occasione del festival di Wattstax, organizzato dalla casa discografica per commemorare i fatti di Watts del 1965. © Stax Records.

Gli anni ’70

A seguito di alterne vicende, agli inizi degli anni ’70 la Stax si propone come etichetta indipendente, e un manager della CBS Records vi intravede il potenziale perché possa diventare il principale competitor della ormai gigantesca Motown di Detroit e propone l’acquisto da parte della CBS del 50% della compagnia.

Tuttavia, la Stax possiede la peculiarità principale di essere un’“etichetta di prossimità” e lo spirito di una piccola ditta a conduzione familiare, la cui ossatura principale sono i piccoli dettaglianti di dischi nelle comunità afroamericane; non può lanciarsi in un mercato di giganti che ne trascurano la produzione a favore di gente come gli Earth Wind and Fire o Sly and The Family Stone.

Le enormi difficoltà finanziarie in cui la Stax versa negli anni ’70 hanno un sostrato politico che muove davvero all’indignazione.

Nel documentario del 2014 Take Me To The River, il fondatore Jim Stewart sostiene a buon diritto che il blocco improvviso dei sostegni bancari che hanno decretato la morte della compagnia e l’espropriazione della sua abitazione (che aveva fornito come garanzia) sono la chiara dimostrazione di come il potere economico e politico dei bianchi possa distruggere senza difficoltà alcuna una società a compartecipazione nera.

Il Sistema, disse qualcuno una volta, è fatto in modo che tu possa illuderti di fotterlo, ma alla fine è sempre lui che ti fotte.

Il film documentario Take Me to the River (2014) di Martin Shore.

La Stax Records oggi

Tra mille passaggi, complicati e noiosi, la Stax è stata in un certo senso portata a nuova vita negli anni 2000; musicisti dell’importanza di Ben Harper hanno onorato questa etichetta dalla storia unica e umanissima e, dal 2003, esiste a Memphis un museo che raccoglie vari memorabilia.

Della Stax Records, oltre all’eredità artistica imponente e piena di carattere, resta in tutti gli animi innamorati della musica questa sottile malinconia di tempi che non torneranno più, del rumore del vinile, di voci lontane e bellissime, di ragazzini che ballano sorridendo su un marciapiede, in estate, in un tempo lontano.

I’ve been loving you too long to stop now
There were time and you want to be free
My love is growing stronger, as you become a habit to me
Oh I’ve been loving you a little too long
I dont wanna stop now, oh
With you my life,
Has been so wonderful
I can’t stop now

(Otis Redding)

Guarda i documentari sulla Stax Records!

Il film documentari da noi citati, Respect Yourself – The Stax Records Story (2007) di Robert Gordon e Morgan Neville e Take Me to the River (2014) di Martin Shore, sono disponibili rispettivamente su YouTube e su Plex.

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La versione originale di questo articolo sulla Stax Records è stata inizialmente pubblicata sul blog Brainoise, che ora non è più attivo.

Pubblicato da

Letizia Lucangeli

Sono direttore artistico della rassegna cinematografica Immagini dal Sud del Mondo, ho scritto di cinema per il blog Indieforbunnies e di cultura punk e industrial per il blog BraiNoise.

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